Turchia. Tra Ankara e Istambul operano1.000 aziende
italiane. Ma perchè investire proprio in Turchia?

20120206075304_Immagine 1Un mercato potenziale da 75 milioni di abitanti ai confini della Ue, con un Pil triplicato nel primo decennio degli anni Duemila, incentivi agli investimenti e imposta sul reddito delle società ridotta dal 33% al 20%. Sono solo alcune delle ragioni che rendono la Turchia la nuova frontiera degli investimenti italiani. Per favorire i contatti tra gli operatori del settore è in programma domani 8 aprile la prima Instant Mission in Turchia organizzata a Istanbul dall’associazione Vicina. Durante il workshop “Incentivi e strategie a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese in Turchia” l’approfondimento degli aspetti contabili e fiscali è affidato a Diacron Group – www.diacron.eu – società di consulenza internazionale che opera in diverse aree strategiche del mondo, da Dubai a Nanchino, che ha aperto a Istanbul uno studio di consulenti italiani in partnership con la società locale Irmak.

«La Turchia è un Paese in continua crescita da più di un decennio e con enormi potenzialità», commenta Giacomo Luccisano, referente del gruppo per Istanbul. «Sono molti i fattori che sottolineano un trend contrario a quello europeo. E’ un Paese dove i consumi crescono del 6-7% su base annua. L’età media della popolazione è di 29 anni. I giovani, che rappresentano il 60% della popolazione, sono anche molto attratti dal made in Italy: sotto questo aspetto le aziende italiane possono guardare alla Turchia non solo come base produttiva ma anche come mercato di sbocco». Tra i settori maggiormente coinvolti spiccano il tessile e l’automotive, ma ci sono anche molte imprese che investono nell’alimentare.

Perché questa decisione? Che cosa si aspetta Diacron dal mercato turco?

La Turchia è un paese in continua crescita da più di un decennio e con enormi potenzialità. Di questo se ne sono accorti benissimo gli operatori stranieri, i quali dichiarano di voler aumentare il numero degli investimenti da destinare al Paese. Tra questi abbiamo anche quelli italiani, che sono già circa mille, un numero destinato ad aumentare. Ma l’Italia, ricordiamolo, è anche uno dei maggiori partner commerciali della Turchia.

Quali sono i settori manifatturieri e industriali più interessati a investire in Turchia?

Particolare importanza è rappresentata dal settore del tessile e dell’abbigliamento ma un interesse enorme esiste nei confronti dell’automotive e anche del settore dei macchinari. Molte sono le imprese straniere che investono nel settore alimentare.

Quali sono i principali motivi per investire in Turchia? Quali i vantaggi?

Molteplici sono i fattori che spingono gli operatori stranieri in Turchia. La posizione geografica è sicuramente un elemento determinante. Collocarsi in Anatolia significa poter puntare sui mercati dell’Asia centrale, del Medio Oriente e dell’Europa. A questo si aggiunga un buon livello di infrastrutture per il trasporto marittimo a basso costo e un trasporto ferroviario ben sviluppato verso l’Europa centrale ed orientale. Inoltre la Turchia sembra avere una forte stabilità interna e un governo che è orientato verso l’apertura degli scambi commerciali e ha approvato riforme che stanno risultando vincenti. Dalla riduzione dell’imposta sul reddito delle società dal 33% al 20%, ai benefici fiscali ed incentivi per imprese con determinati requisiti .

La Turchia è interessante anche per il suo mercato interno con 75 milioni di abitanti e un Pil triplicato nel primo decennio degli anni Duemila…

E non solo. Sono anche altri i fattori che sottolineano un trend contrario a quello europeo. Siamo in un Paese dove i consumi crescono del 6-7% su base annua. L’età media della popolazione è di 29 anni. I giovani, che rappresentano il 60% della popolazione, sono anche molto attratti dal made in Italy: sotto questo aspetto le aziende italiane possono guardare alla Turchia non solo come base produttiva ma anche come mercato di sbocco.

Quali sono le maggiori difficoltà, dal punto di vista amministrativo e fiscale, per un’azienda italiana che decida di investire in Turchia?

Nonostante il processo di armonizzazione che si è avuto da dieci anni a questa parte rimangono aspetti peculiari della legislazione turca che è opportuno conoscere. Questi sono gli aspetti che più spaventano le imprese che per la prima volta guardano a questa nazione. Non si può negare però che sono stati fatti molti passi avanti. Si pensi che non è più richiesta l’autorizzazione preventiva alle autorità per la costituzione di società con capitale straniero e che queste ora usufruiscono, tranne particolari eccezioni, degli stessi diritti delle società con capitale turco.

In che cosa lo studio Irmak-Diacron può supportare le aziende?

Per società di dimensioni più contenute gestiamo in outsourcing il dipartimento amministrativo offrendo servizio tesoreria, tenuta contabilità, redazione bilancio e dichiarazioni fiscali. Mentre per attività più strutturate, solitamente aziende manifatturiere, effettuiamo servizi di financial review. Lo studio, inoltre, si propone di affiancare il cliente per capire insieme a lui quelle che sono le sue problematiche, che normalmente variano a seconda della natura e dimensione dell’impresa stessa.

Quali sono le forme societarie per creare un avamposto in Turchia?

Come sempre non esiste la forma societaria perfetta ma quella che più rispecchia le esigenze della proprietà. Dal 2003 comunque le forme societarie per cui si può optare sono sostanzialmente in linea con le norme internazionali vigenti in materia. In Turchia per una serie di motivi le società per azioni e le società a responsabilità limitata sono i modelli che stanno riscontrando il maggior successo.

Che cosa si aspetta nel prossimo futuro?

Credo che tutti i dati di cui siamo in possesso ci dicono che il trend in atto non cambierà direzione per molto tempo. La crescita della regione anatolica, che è molto vicina a noi, non può che portarci benefici. Dal 1996 esiste un accordo di unione doganale tra Unione Europea e Turchia e, nonostante gli scambi con l’Oriente stiano crescendo d’intensità, le trattative per l’entrata di Ankara nell’Unione sono ancora in corso. Non si dovrebbe commettere l’errore di lasciare da parte questa nazione che come alternativa all’Europa sta già guardando all’asse Pechino-Mosca. In altre parole, un mercato unico che includa uno Stato come la Turchia, che sente l’esigenza di incrementare dei rapporti già importanti, rappresenta dei vantaggi che l’Europa non può lasciarsi sfuggire.

All’Instant Mission parteciperà anche Nicola Longo Dente di YapiKredi (la banca turca controllata da Unicredit e Koc Holding) che affronterà temi relativi al sistema bancario. «L’espansione del credito nel 2012 è stata del 15%. Le banche Turche sono ben capitalizzate e ben regolate dall’autorità di controllo locale. Hanno una buona liquidità e la qualità del credito è elevata con le sofferenze al 2,8%. Il governo Turco offre incentivi agli investimenti: ha 4 diversi programmi e suddivide il paese in 6 zone geografiche». Secondo i dati del Ministero dell’Economia turco le aziende che hanno azionisti italiani sono oltre 1.000 e l’interscambio commerciale con l’Italia si è attestato a 19,7 miliardi di dollari. «La Turchia è già cresciuta molto e secondo il Fmi crescerà ad un tasso medio annuo del 3.9% nel periodo 2012 – 2017».

Che tipo di aziende italiane investono oggi in Turchia?

Aziende industriali e commerciali che operano nei più svariati settori a partire dall’automotive, settore del bianco, macchinari industriali, plastica, alimentare.

Parliamo di cifre: possiamo quantificare gli investimenti, soprattutto italiani, in Turchia?

Gli IDE 2012 sono ammontati a  12.38 miliardi di dollari, – 22.8% rispetto al 2011 quando avevano toccato i 16.04 Miliardi di US$. Tra i maggiori investitori: Regno Unito (1.99 miliardi), Austria (1.49 miliardi), Olanda (1.17 miliardi), Germania (532 milioni). Nel 2012 l’Italia ha investito US$ 178 milioni in aumento del 60.36% rispetto al 2011. A livello di interscambio commerciale, nel 2012 l’Italia è stato il sesto partner commerciale dopo la Germania, Russia, Cina, Iran e Stati Uniti. L’interscambio dell’Italia dopo aver traguardato il risultato storico nel 2011 con oltre 21 miliardi di dollari  si è attestato a 19.7 Miliardi in calo del 7.4% rispetto al 2011.

Come funziona l’accesso al credito? Ci sono degli incentivi per le aziende straniere che vogliono investire in questo Paese?

L’espansione del credito nel 2012 è stata del 15%. Le banche Turche sono ben capitalizzate e ben regolate dall’Autorità di controllo locale. Hanno una buona liquidità e la qualità del credito è elevata con le sofferenze al 2.8%. Il governo Turco offre incentivi agli investimenti: ha 4 diversi programmi e suddivide il paese in 6 zone geografiche.

Perché un’azienda italiana dovrebbe investire in Turchia?*

Per entrare in un paese ove l’età media è di 29 anni, che è già cresciuto molto e che secondo il FMI crescerà ad un tasso medio annuo del 3.9% nel periodo 2012 – 2017. Il paese gode inoltre di una posizione geografica strategica per l’accesso a nuovi mercati ed ha una classe media emergente.

Le dieci ragioni per investire in Turchia oggi

1. UNA ECONOMIA IN CRESCITA – Economia in forte espansione: il PIL è triplicato passando da 231 a 772 miliardi di dollari dal 2002 al 2010.

2. LA NUMEROSITA’ DELLA POPOLAZIONE – Popolazione di 75 milioni di persone.

3. UNA FORZA LAVORO QUALIFICATA E COMPETITIVA – Oltre 26 milioni di professionisti giovani, istruiti e motivati.

4. UN CLIMA PER GLI INVESTIMENTI LIBERALE E RIFORMISTA – Il secondo paese riformatore più grande tra i paesi OCSE in termini di restrizioni relative all’IDE dal 1997.

5. BUONE INFRASTRUTTURE – Infrastrutture tecnologiche nuove e molto sviluppate nel settore dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia.

6. LA POSIZIONE STRATEGICA – Un ponte naturale tra gli assi Est-Ovest e Nord-Sud, con sbocchi efficienti ed economici verso i mercati più importanti.

7. IL CORRIDOIO ENERGETICO E TERMINALE PER GLI APPROVVIGIONAMENTI ENERGETICI DELL’EUROPA – Un importante terminale e corridoio europeo di collegamento tra Oriente e Occidente per gli approvvigionamenti energetici.

8. TASSE RIDOTTE E INCENTIVI – Imposta sul reddito delle società ridotta dal 33 al 20%. A giugno 2012 il governo turco ha approvato un nuovo programma di incentivi agli investimenti nel Paese, che include sgravi e sussidi in base allo sviluppo socioeconomico delle regioni di interesse, la natura e la strategicità del settore dell’investimento.

9. ACCORDO DI UNIONE DOGANALE CON L’UE DAL 1996 – Accordo di unione doganale con l’UE dal 1996 e accordi di libero scambio con 22 paesi (19 in forza e 3 in attesa di ratifica).

10. IMPORTANTE MERCATO NAZIONALE – 50 milioni di utenti internet nel 2011, rispetto ai 4 milioni del 2002.

*dati dell’Associazione VICINA

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