Gli artisti? Valgono più in vita che da morti

Lunga vita agli artisti! Valgono più in vita che da morti (una riflessione sul mercato dell’Arte)

Sabato scorso, Milano. Inaugurazione della mostra: ambiente elegante, opere interessanti, è prevista la presenza del maestro, pur ottantenne.

Ma lui non arriva, e dopo un’ora è certo: non arriverà. Sta male. Avendolo conosciuto anni prima, chiedo notizie: “Sì sì, sta male. Mooolto male”, conferma un distinto signore.

Me lo dice con un lampo negli occhi. Il vernissage si anima quindi di euforia, sguardi lubrichi divorano le opere: una festa degna de “La maschera della Morte Rossa” di Poe.

Perché tanta eccitazione?

E’ opinione diffusa che la morte di un artista ne faccia decollare le quotazioni: una leggenda popolare quanto i coccodrilli nelle fogne di New York.

Nulla di meno fondato, se passato al vaglio dell’analisi di mercato. Non è vero neppure il contrario: è come lanciare in aria una moneta.

Più banalmente, le fortune di mercato di un artista dipendono da come ne viene gestita la promozione, commercializzazione e comunicazione – tanto in vita quanto dopo la morte.

Un’occhiata agli artisti italiani

Aligi Sassu (1912-2000), protagonista della scena culturale fin dagli anni ’30, registra il suo record in asta nel 1990.

“Tavolata sul mare” viene aggiudicato da Farsetti, Prato a 76.000 euro (conversione brutale dal prezzo in lire del 1990 agli euro di oggi, senza rivalutazione).

Tra i suoi primi 20 top price, 10 passano agli annali con l’artista vivo e vegeto, altrettanti 10 dopo la morte.

Ennio Morlotti (1910-1992), membro di “Corrente”, del “Fronte nuovo delle arti” e del “Gruppo degli Otto”, fa il botto nel 1989.

Finarte, Milano aggiudica il suo “Vegetazione” del 1957 a 98.000 euro. Tra i suoi primi 20 top price, anche qui perfetta parità: 10 in vita, 10 alla memoria.

Dato ancor più rilevante se si considera che nel 1992, anno spartiacque, 1 milione di allora non erano 516 euro di adesso bensì 810 euro circa.

Il mercato dei maestri internazionali conferma la tesi

Lo svedese Bengt Lindstrom (1925-2008), allievo di Leger – poi sulla scia del gruppo “COBRA”, s’è fatto beffe, finora, di chi una quindicina d’anni fa si fregava le mani contandone le primavere.

Record d’asta nel 2006 con l’artista vivo e vegeto, poi ancora un ottimo risultato sull’onda emotiva a Tajan, Parigi nel 2008 – quando ancora non s’era spenta l’eco dei giornali di tutto il mondo che gli davano l’addio.

Da allora, solo altri 6 risultati nella top 20.

Insomma: lunga vita agli artisti!

Valgono più in vita che da morti. Eppure, le favole passano di bocca in bocca come api sui fiori: così a Milano la mostra in corso resta gaia.

Non potrei giurarlo, ma uscendone, sabato, ho intravisto una dama in tailleur conficcare spilloni in un pupazzo.

Di Luca Sforzini, consulente, perito ed esperto d’Arte

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