Griffini. Come cambiano le skill della distribuzione

di Chiara Osnago Gadda. L’economia sta fronteggiando cambiamenti importanti, sia a livello culturale, sia a livello sociale, determinati, in gran parte, anche dalla crescita del livello di scolarizzazione tecnologica della popolazione. Ne deriva che ogni singola struttura commerciale che aspiri a restare nel mercato, deve saper individuare le strategie di produzione, possedere una solida conoscenza del target di riferimento, sapere come vendere e a quanto. Adottare logiche nuove che siano la sintesi di diversi elementi di conoscenza è un passo fondamentale per chi  ogni giorno è alle prese con i consumi e le esigenze della popolazione. Ma come stanno cambiando le strategie della distribuzione? Lo abbiamo chiesto a William Griffini, Ceo di Carter & Benson, – www.carterbenson.com – tra le più autorevoli società di head hunting presenti sul mercato. Secondo il ‘cacciatore di teste’, bisogna anzitutto partire da un punto fermo e cioè, dal fatto che viviamo in un mondo dove l’economia fisica si integra sempre più con l’economia digitale, ed entrambe operano congiuntamente nella direzione del mercato. “Per quanto riguarda il settore della distribuzione, l’ambito che forse ha segnato una vera linea di differenziazione rispetto al passato, è il trade marketing“, dice Griffini. “Con esso, infatti, si fanno sempre più intensi gli aspetti emozionali di un prodotto. Il canale diventa un momento interattivo che il cliente utilizza per relazionarsi con il prodotto. Non a caso stiamo portando avanti  molte azioni di recruiting proprio in questo ambito. Tutte le ‘skill’ ricercate devono poter essere integrabili tra di loro: vince cioè l’abbinamento del digitale e del fisico. E  non potrebbe essere altrimenti. Se ci pensate  anche se facciamo la spesa on line  i trasportatori dovranno poi a loro volta consegnarla, così come se si ordinano servizi e prodotti con aziende tipo Groupon, Amazon, Zalando, etc. (solo per citarne qualche esempio) il consumatore dovrà andare prima a concordare le rispettive convenzioni, fisicamente di persona. Anche la distribuzione sta diventando sempre più digital, up, stream e social. Nell’elettronica di consumo, per esempio, il ‘digital’ può diventare un canale di vendita, nei media un canale di divertimento, nella salute, economia d’informazione”.

“In Carter & Benson abbiamo utilizzato il digitale nel customer service. Per i nostri clienti abbiamo creato una survey in cui loro esprimono i valori del nostro servizio. La somma di questi services fornisce dati statistici che identificano una richiesta del mercato e in questo modo, si offre al cliente un livello di attenzione più alto. Abbiamo poi un’area dedicata ai candidati in cui possono esprimere piacere o disagio nel nostro servizio. Abbiamo anche creato un customer care per i clienti a cui si accede tramite password, login e segreteria virtuale. Occorre cioè guardare avanti, ma ricordandoci però sempre, che abbiamo un passato e delle tradizioni da tenere in considerazione.”

E i manager delle vendite come devono porsi in questo contesto?

“In questo ambito”, risponde il Ceo di Carter & Benson, “è chiaro che la società o ha la capacità tecnologica di innovare, o possiede manager che possano cercare e trovare soluzioni a livello commerciale che permettano, in mancanza di innovazione tecnologica, di creare la giusta unione tra idea manageriale, gestione della struttura e innovazione del servizio offerto per collocarsi al meglio all’interno del proprio mercato. Tutto questo facendo proprie anche alcune competenze che sono necessarie a governare direttamente e non indirettamente, come ad esempio le attività di promozione e merchandising di cui le multinazionali o le società nazionali hanno pareri e strutture discordanti. Inoltre, una importante competenza manageriale a questo punto è rappresentata dal coinvolgimento reale di tutta la struttura commerciale ritornando alla “logica dell’esempio” dimenticata da anni dalle aziende perché tutti si sono abituati a gestire organizzazioni e fare strategia e non sono più disposti a vendere in modo diretto.”

Questo creerebbe a cascata una credibilità del direttore di funzione tale per cui la struttura commerciale non lo riconoscerebbe più solo come capo, ma come “primo venditore” riuscendo a mettere in moto così logiche motivazionali più forti perché coerenti e credibili…

“Esattamente!”, conclude Griffini “Da lì la collaborazione con i colleghi del Finance e Ricerca e Sviluppo per trovare alternative commerciali, finanziarie e tecnologiche innovative da poter proporre sul mercato in una logica di costruzione e di relazione con il cliente finale e non solo di pura vendita. Tengo a precisare che il management molto spesso “scarica” sulla sua struttura quello che è uno dei suoi principali compiti, ovvero agire e sostenere e difendere le soluzioni nel modo più costruttivo ed empatico possibile. Il principale errore del management nell’ultimo periodo è arrendersi alle condizioni difficili del mercato o agli ostacoli strutturali che colleghi o capi creano. I manager dovrebbero invece trovare il modo di perseguire gli obiettivi in modo etico, coerente e rigoroso, ma spesso noto che alcuni di questi direttori di funzione prendono atto passivamente di quanto accade e si adagiano. Purtroppo il mercato in crisi non ha sicuramente contribuito a rafforzarli, inoltre le difficoltà di vedute sono state tangibili e poco affrontabili, ma di certo resta il fatto che è stata attuata una generalizzazione per cui anche laddove c’era ancora margine di azione, i manager si sono invece adagiati”.

“In definitiva, quindi, i manager dovrebbero mettere in atto azioni dettate da coerenza, credibilità, efficacia, tenuta, e dovrebbero fornire un esempio oltre che elaborare un’analisi e una valutazione della raccolta dati puntando su una forte propensione all’innovazione.”

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