L’apprendistato non esiste (praticamente) più

Secondo un indagine della Cgia di Mestre negli ultimi 45 anni, ovvero dal 1970 gli apprendisti sono calati del 43%.

Un trend altalenante e, in linea generale, condizionato dalle crisi economiche (quelle sopraggiunte verso la metà degli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80 e ’90 e quella iniziata nel 2008) e dalle novità legislative (in particolare la riforma Treu del 1997, che ha elevato l’età per utilizzare questa tipologia contrattuale estendendola anche ad altri settori produttivi, e il bonus assunzioni introdotto da Renzi).

Tuttavia, l’andamento sul lungo periodo mette in luce il deciso calo di questa
tipologia contrattuale. Altrettanto pesante è stata la contrazione del numero degli
apprendisti occupati nel settore dell’artigianato che, a partire
dalla metà degli anni ’50, ha formato professionalmente intere
generazioni di giovani operai; molti di questi, è importante
ricordare, sono diventati artigiani o piccoli imprenditori di
successo. Dall’inizio della crisi (2009) al 2015, ad esempio,
gli apprendisti occupati nelle aziende artigiane sono diminuiti
del 45 per cento. La ripartizione geografica più colpita da
questa moria è stata il Mezzogiorno (-61%), seguono il Centro
(-44), il Nordovest (-43) e il Nordest (-33).
Nell’ultima crisi che ha colpito l’Italia, il calo, seppur
più contenuto, ha riguardato tutti i settori. Sempre tra il 2009
e il 2015, infatti, la contrazione media a livello nazionale è
stata del 31%. Per il coordinatore dell’Ufficio studi della
Cgia, Paolo Zabeo, “al di là della necessità di rilanciare la
crescita e conseguentemente anche l’occupazione, è opportuno
recuperare la svalutazione culturale che ha subito in questi
ultimi decenni il lavoro artigiano. E’ vero che
attraverso le riforme della scuola avvenute in questi ultimi
anni, il nuovo Testo unico sull’apprendistato del 2011 e le
novità introdotte con il Jobs act, sono stati realizzati dei
passi importanti verso la giusta direzione. Ma, purtroppo, tutto
ciò non basta. L’occupazione in un’azienda artigiana è spesso
vissuta dai giovani come un ripiego. E’ necessario, tra le altre
cose, ridare dignità, valore sociale e un giusto riconoscimento
economico a tutte quelle professioni dove il saper fare e la
manualità costituiscono quel valore aggiunto invidiatoci in
tutto il mondo che, purtroppo, rischiamo colpevolmente di
perdere”.
“Ricordo – segnala il segretario della Cgia Renato Mason
che nell’ultimo comma dell’articolo 45 della nostra Costituzione
si afferma che la legge deve provvedere alla tutela e allo
sviluppo dell’artigianato. In questi ultimi decenni, invece,
questo principio spesso è stato disatteso, in particolar modo
dalle norme in materia fiscale che hanno aumentato in maniera
sconsiderata il carico fiscale e contributivo anche sugli
artigiani”. Per quanto concerne i settori produttivi, infine, la
riduzione più importante degli apprendisti è avvenuta nelle
costruzioni. Tra il 2009 e il 2015 la contrazione in questo
settore è stata del 65%. Pesante anche la riduzione registrata
nelle attività finanziarie (-54), nel commercio (-34) e nei
trasporti (-33).

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