La grande cucina delle Osterie d’Italia
Storie, tradizioni e ricette da Nord a Sud

la-grande-cucina-delle-osterie-d-italia-9788884993403Ennesima avventura mistico culinaria per i tipi di Slow Food. Esce in questi giorni redatta da un bel numero di autori coordinati da Marco Bolasco e Nicola Ferrero il volume La grande cucina delle Osterie d’Italia edita da Slow Food Editore384 pagine in cui incontriamo con gli occhi le storie di 22 osterie che, lungo lo stivale, incarnano al meglio il concetto di osteria contemporanea. Ma come solo 22? «La nostra vera difficoltà è stato il numero, perché non potevamo produrre un libro di duemila pagine e sappiamo perfettamente di aver lasciato fuori qualcuno che meritava di essere inserito», dicono Bolasco e Ferrero che nelle prime righe della prefazione mettono in chiaro un concetto basilare: “In queste pagine si gioca buona parte del futuro della ristorazione italiana“.

Come non dare ragione a loro e alla grande e importante opera svolta da Slow Food. “Il motivo è semplice”, proseguono gli autori, “l’osteria e la trattoria sono le principali ambasciatrici della nostra cucina nel mondo, e dietro alle storie dei nostri osti migliori c’è tutto: territori, famiglie, piccoli produttori, stile. In poche parole c’è quel modo di vivere che tanti, bontà loro, ci invidiano”.  Detto questo, detto tutto.

Sfogliando il volume si scoprono i segreti e le ricette del Boccondivino di Bra, la Brinca della ligure Ne, Al Gambero Rosso di Bagno di Romagna, Da Cesare a Roma, gli Antichi Sapori di Andria, la Trattoria del Crocifisso di Noto. E oltre le loro storie, non potevano mancare le ricette storiche di questi locali. Qualche esempio? I tajarin, le sarde in saor, la trippa e il cannolo.

“Abbiamo voluto raccontare quei posti che incarnassero al meglio il concetto di osteria contemporanea, come lo intendiamo noi” proseguono nella prefazione Bolasco e Ferrero. “Territorio e stagionalità, rapporto stretto con i produttori, quasi a creare una “comunità del cibo”. E ancora, che avessero un legame con la tradizione, ma fossero anche capaci di innovare, di sperimentare. Che avessero ben chiari i principi dell’ospitalità: quella vera, che viene dal cuore, non il mestiere che porta a sorrisi forzati e salamelecchi fasulli. E che, soprattutto, facessero bene da mangiare”. Grazie.

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