Il Labirinto di Arnaldo Pomodoro riaperto alle visite

Tornano le visite guidate organizzate dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro alla grande opera ambientale sotterranea.

Più di 30 appuntamenti fino all’11 settembre 2021 propongono percorsi di visita studiati per diverse fasce di pubblico, dai bambini agli adulti.

Ingresso nel Labirinto è un’installazione ambientale di circa 170 mq realizzata da Arnaldo Pomodoro dal 1995 al 2011, come riflessione e sintesi del percorso di artista.

Dal San Leo a Milano

Il Labirinto, collocato negli spazi sotterranei dell’ex Riva Calzoni, ora showroom Fendi, è un viaggio di esplorazione nelle metafore dell’esperienza umana. Un viaggio magico e misterioso nella mente del maestro, tra rielaborazioni di sculture già note e forme ancora in divenire.

E’ stato presentato per la prima volta negli spazi della Galleria Giò Marconi di Milano, dove nel 1995 fu allestita un’importante mostra personale di Pomodoro. Nel 1997 il Labirinto venne esposto nel Palazzo Mediceo di San Leo, ma solo nel 2011 trova la sua forma e collocazione finale in Via Solari 35 a Milano.

L’environment è ispirato all’Epopea di Gilgamesh, primo poema epico della storia dell’umanità, inciso su undici tavolette d’argilla in caratteri cuneiformi.

“Ho sempre subito grande fascino per tutti i segni, soprattutto quelli arcaici. Anche la scrittura mi ha attratto, dai segni primordiali nelle grotte, alle tavolette degli Ittiti e dei Sumeri. Ho dedicato una mia opera, Ingresso nel Labirinto, a Gilgamesh, il primo (2000 a.C. circa) testo poetico e allegorico sull’esperienza umana. Le impronte che scavo, irregolari o fitte, nella materia artistica, i cunei, le trafitture, i fili, gli strappi, mi vengono da certe civiltà arcaiche.”

Arnaldo Pomodoro: che cos’è il Labirinto

“Esiste un luogo – onirico, ineffabile – che tutti noi conosciamo, sperimentiamo. E’ l’archetipo del labirinto, che ci rimanda all’eterna sfida del segreto della vita e che nei millenni si è manifestato nel mito e nelle arti.
Il mio Ingresso nel Labirinto è un invito nei meandri di un percorso, dove il tempo è trasformato in spazio e lo spazio a sua volta diventa tempo. Una riflessione su tutto il mio lavoro. Il gesto di riappropriazione e di recupero di un’attività artistica che ha attraversato i decenni della mia vita e ne è la sintesi. Il labirinto non può che essere percorso, nel suo stesso svelarsi motore oscuro di ogni esperienza umana che sempre si compie tra slanci e impasse, arresti e riprese. Nel suo progredire verso una maturità che è ritorno all’origine e alla sua incertezza. Perché ritengo, come ha scritto Bruno Schulz che “maturare verso l’infanzia sarebbe l’autentica maturità”.

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