Carter&Benson. Nel settore del design si cercano manager
che conoscano tecniche e relazioni commerciali

William-Griffini_imagelargedi Chiara Osnago Gadda. E’ fuori discussione: stiamo affrontando un mercato e un’economia estremamente frenetici in cui la differenza della singola società è in grado di creare opportunità e, tranne qualche caso di evidente successo, non esiste un settore in crescita assoluta ma solo imprese che hanno trovato la loro strada all’interno di mercati complessi e maturi.
Il design e l’arredamento sono comparti  nei quali l’italianità ha trovato la sua massima espressione in un’ottica glocal. Non è un caso che il Salone del Mobile di Milano in programma dal 9 al 14 aprile, inizia a far parlare di sé molti mesi prima dell’evento.
Nel quartiere fieristico di Rho, con le proposte Arredo Casa a cui si aggiungono le biennali Euroluce e Salone Ufficio, sono attesi circa 300 mila visitatori provenienti da 160 Paesi, pronti a conoscere le proposte di 2.500 espositori. E le anticipazioni sono interessanti e in linea con l’attualità: unione tra minimalismo e forte sperimentazione con forme basilari e colori accesi, sia caldi che freddi. Il design diviene multidisciplinare, versatile e in grado di spingersi oltre le frontiere, aprendosi alle varie contaminazioni. Senza dimenticare il ripescaggio nel vintage funzionale, che si trasforma in un vintage ultramoderno e tecnologico. Dunque l’interesse per il settore è forte e vale la pena di concentrarsi su di esso.

Ma qual è il profilo del manager più richiesto in questo comparto?

Lo abbiamo chiesto a William Griffini, ceo di Carter & Benson, una delle più autorevoli società di head hunting presenti sul mercato. Secondo il cacciatore di teste, non c’è una figura particolare, ma un insieme di figure che sono  in grado di distinguersi. “In Cina, per esempio”, afferma Griffini “sono stati capaci di costruire prodotti non Ikea a basso prezzo in grado di raggiungere e soddisfare le esigenze di acquisto di un gran numero di persone. Aver permesso alle società di design di espandersi con una cultura che richiama il design italiano e che rispetti i canoni e i bisogni locali, è risultato indubbiamente vincente. Se pensiamo a Poltrona Frau che continua la sua avanzata in Asia, America del Nord e del Sud dove c’ è ancora spazio per crescere, si parla comunque di un insieme di persone e idee che hanno permesso all’azienda di puntare quei mercati ormai maturi e predisposti ad assorbire i prodotti e i brand accessibili ai più e che possono incontrare i bisogni e le necessità locali. Ne consegue che i margini di sviluppo sono enormi. Basti pensare a miliardi di persone con miliardi di bisogni, a mercati giganteschi come il Sud America o la Cina che hanno iniziato a spendere apprezzando i nostri marchi. Questi mercati vastissimi sono in grado di produrre piastrelle per fare un esempio, ma creare un brand è tutta un’altra storia. Su 20 ricerche che abbiamo realizzato in questo settore, 19 erano direttori commerciali per l’estero.”

E quali sono le skills più richieste? E perchè?

“Sicuramente le lingue (inglese, spagnolo, orientali e dell’est europa) di quei mercati che comprano e iniziano a produrre, unite alla conoscenza del tessuto e del territorio e, soprattutto, alla capacità di esprimere stile e valore. Skills, cioè, vicine alle logiche del fashion come atteggiamento. Inoltre hanno un ruolo determinante le capacità di creare relazioni commerciali. E’ chiaro che le competenze più richieste dal mercato sono la disponibilità a viaggiare e la massima flessibilità. Ovviamente, il contesto va preso in considerazione di volta in volta, ma ciò che conta veramente è che le risorse che vogliono lavorare in questo settore siano persone di mercato, estremamente “sales” e con cultura europea.”

Cosa propone l’offerta disponibile?

“Di candidati legati a questo mondo ce ne sono parecchi, così come ci sono strutture commerciali buone e il mercato è abbastanza florido e in evoluzione. Scarseggia la logica di distribuzione globale. Tutte le società di home design sono straniere. Noi, purtroppo, siamo ancora troppo “locali” e abbiamo una visione piccola e globale, poco flessibile. Ma possiamo lavorare bene anche su quello che possiamo fare nel nostro Paese!”

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