Nov 04 2012

Quella tecnologia che crea posti di lavoro

Al Convegno dell’Aspen Institute che si è svolto a Venezia qualche giorno fa la lettera più citata dagli esperti per esemplificare il probabile percorso dell’economia dei prossimi anni è stata la elle. In stampatello, naturalmente. Dove alla discesa verticale degli ultimi cinque anni, secondo le previsioni di economisti, politici, imprenditori, banchieri e manager presenti, farà seguito una linea orizzontale indice di una assoluta mancanza di ripresa e della totale piattezza di prospettive. In sintesi la ripresa, quando arriverà – qualcuno dice all’inizio del 2014 –  la Merkel prevede tempi più lunghi, sarà comunque piatta, con consumi sotto zero e investimenti nulli. Nel corso dell’incontro Gabriele Galateri di Genola, presidente delle Assicurazioni Generali, partendo pretestuosamente dal malfunzionamento del suo iPad ha voluto sottolineare il ritardo tecnologico del nostro Paese. Secondo Galateri di Genola se portassimo il tasso di penetrazione della banda larga al 35% – dieci punti in più di quello attuale del 25% – porteremmo a casa un punto e mezzo in più di Pil, circa 18 miliardi di euro. La via tecnologica sembra davvero essere diventata lo snodo attraverso cui deve transitare la politica economica di questo Paese. Il cambio di passo dell’economia. E quindi del lavoro che non c’è. I settori bloccati di fronte a questo snodo sono diversi: da quello della formazione universitaria – ma si può scendere fino alla scuola primaria – al turismo in grado di produrre un elevato numero di posti di lavoro, soprattutto tra le leve giovanili su cui grava il maggior peso della disoccupazione. Ma chiaramente interessa soprattutto le imprese, micro, piccole e medie – ma ci sono dentro anche molte grandi (un po’ arretrate nella visione) –  legate a doppio filo con il livello tecnologico del Paese. Aziende che da una adeguata strategia  della diffusione della banda larga ne trarrebbero vantaggi competitivi enormi. A beneficio del (solito) lavoro che non c’è.