STORIA DI TRE FALLIMENTI E UN SUCCESSO

L’’incerto risultato delle elezioni italiane fa giungere a una conclusione chiara: evidenzia l’enorme fallimento della classe politica del paese e quindi, per associazione, degli opinion-maker che dovrebbero avere il ruolo di influenzare il risultato di voto attraverso i media.

Un primo fallimento, il più grande, risiede nella generalizzata incapacità di capire quale sia la vera natura e la gravità della crisi politica, economica e morale che il paese sta attraversando. La crisi finanziaria del 2011-12, che ha portato alla fine del governo Berlusconi e all’’arrivo, pieno di ottimismo, del governo tecnico di Mario Monti sarebbe dovuta bastare a chiarire questo punto. Il comportamento tenuto da allora dai politici italiani, soprattutto durante la campagna elettorale, ha dimostrato il contrario. Si è cercato di competere in queste elezioni, come se nulla fosse cambiato. Adesso, a seguito del risultato incerto, la classe politica pare continuare a comportarsi alla stessa maniera.

Il secondo, più specifico, fallimento è stato quello del Partito Democratico e del suo leader Pier Luigi Bersani. Troppo lusingato dall’’etichetta che lo voleva un partito di “centro-sinistra”, quando invece si tratta soltanto di “sinistra”, il Pd ha avuto la grande opportunità l’anno scorso, e durante queste elezioni, di dimostrare che avrebbe potuto guidare l’Italia verso una nuova fase, un futuro diverso. Era il partito più accreditato per la vittoria elettorale. Aveva persino avuto prova, al suo interno, del desiderio di cambiamento del Paese, quando durante le primarie il 40% dei voti era andato a Matteo Renzi, il sindaco 38enne di Firenze potenziale emulo di Tony Blair. Eppure il Pd e Bersani hanno ignorato questo segnale, non sono riusciti a imporsi come partito di rinnovamento, di slancio verso le nuove generazioni, di prospettiva, accostandosi invece all’’idea di un partito che non vuole cambiare niente, soprattutto se stesso.

Il terzo fallimento, anche questo di tipo personale, è stato quello di Mario Monti. Dopo aver preso la decisione di dismettere i panni di statista apartitico, di Primo Ministro super partes, scegliendo di correre per le elezioni, il Professore ha commesso il terribile errore tattico, così come ha fatto il Pd, di collocarsi all’interno dei vecchi inquadramenti politici piuttosto che proporre “Scelta Civica” come un nuovo movimento di cambiamento e rinnovamento. Se ti allei con l’ex leader di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, e il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, entrambi uomini che in passato hanno preso parte a coalizioni con Silvio Berlusconi, allora decidi di allearti con il passato. L’’immagine di Monti è stata dunque determinata dalla scelta di tali alleanze e dall’’aumento record delle tasse decretato dal suo governo.

Il grande vincitore di questa tornata elettorale è quello da cui tutti devono trarre insegnamento, anche quando, nel breve periodo, se ci si vorrà scendere a patti. Parliamo ovviamente del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Le ragioni del suo successo non sono difficili da individuare. Non hanno bisogno di essere cercate nelle sue idee politiche, nella sua posizione rispetto all’’euro, nel suo desiderio di nuove forme di democrazia. Sono più semplici. Beppe Grillo è stato l’unico leader che si è schierato dalla parte del cambiamento, del rinnovamento, della rabbia per ciò che era successo prima. E ‘stato l’unico che ha dimostrato agli elettori di aver capito quello che stavano vivendo.

In queste elezioni, sia il Pd che Mario Monti sono rimasti invischiati in un sonno compiacente. Silvio Berlusconi, come sempre, ha condotto una campagna elettorale fuori dalla realtà, cercando di convincere gli elettori italiani che il coma è davvero una buona soluzione, soprattutto nel momento in cui proponeva di tagliare le tasse immedesimandosi nelle tribolazioni che stavano vivendo. L’’indubbio successo di Berlusconi risiede nella sua accurata percezione di ciò che i suoi elettori volevano, non curandosi di capire la reale necessità di cambiamento. L’unico che ha suonato un campanello di allarme per gli italiani è stato Beppe Grillo. Ora la classe politica deve trarre insegnamento da ciò.

Lo saprà fare? Le prospettive sinora non sono incoraggianti.

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