Le imprese familiari resistono meglio alla crisi
e continuano a dare lavoro

Sounness3La medio-grande impresa familiare tiene duro di fronte alla crisi. La quinta edizione dell’Osservatorio AUB su tutte le imprese familiari italiane con ricavi superiori a 50 milioni di euro, promosso da AIdAF, Associazione italiana delle imprese familiari, gruppo UniCredit, Cattedra AIdAF-Alberto Falck di strategia delle aziende familiari dell’Università Bocconi e Camera di commercio di Milano, rileva che il 58% delle aziende medio-grandi è a controllo familiare, una percentuale in crescita.Lo studio è basato sull’analisi dei bilanci di tutte le 4.249 aziende familiari italiane medio-grandi. A confermare la resilienza della forma proprietaria familiare, solo l’8,3% delle imprese familiari, nel lungo periodo di crisi, è stato interessato da discontinuità come la cessione del controllo, fusioni e liquidazioni, contro il 10,4% delle coalizioni proprietarie e cooperative, il 13,4% delle filiali di multinazionali e il 14,6% delle imprese a controllo statale. Dal 2007 al 2012 il numero complessivo delle aziende familiari nel radar dell’Osservatorio è rimasto sostanzialmente costante, ma un terzo di esse è mutato, a testimonianza di come la crisi sicuramente abbia lasciato il segno e ancora lo stia lasciando sul tessuto economico italiano, ma anche del fatto che nonostante tutto sia effettivamente possibile crescere dimensionalmente e competere sui mercati mondiali.

Le aziende familiari hanno registrato una contrazione dei ricavi superiore alla media: -2,8% contro -1,3%, ma il dato delle altre imprese è influenzato dalla crescita (+4,7%) delle aziende statali, che sembrano godere di una certa protezione dalla crisi. Non tutte le altre tipologie fanno meglio delle familiari: le multinazionali registrano infatti un -2,9% e le aziende controllate dal private equity -4,2%. La redditività operativa delle aziende familiari continua a essere superiore a quella delle altre (+0,4 punti), ma il gap va assottigliandosi nel tempo, mentre peggiora la capacità di ripagare il debito, misurata dal rapporto Pfn/Ebitda, che si attesta a 6,4 rispetto al 5,6 delle altre imprese delle stesse dimensioni. Infine, le aziende familiari si confermano quelle meno dipendenti dal capitale di terzi: il rapporto di indebitamento è sceso a 5,2 dal 5,8 del 2011.

“Abbiamo individuato otto sfide”, afferma Guido Corbetta, titolare della Cattedra AIdAF-Alberto Falck, “che le aziende familiari si trovano ad affrontare per rilanciare la propria competitività: evitare la convivenza obbligata tra generazioni, nella forma di amministratori delegati multipli; pianificare la successione al vertice prima che sia troppo tardi; superare il soffitto di vetro che limita la crescita professionale delle donne; bilanciare leadership familiare e Cda familiare; radicarsi in una cultura non familistica; aumentare le competenze per fare acquisizioni; cambiare il focus geografico degli investimenti diretti all’estero; conoscere il private equity”.

“Come AIdAF ci fa grande piacere che al fianco delle sfide di sempre, quale la gestione del passaggio generazionale, l’Osservatorio ne abbia inquadrate di nuove leggendo e interpretando i dati che emergono dalle nostre attività”, afferma il presidente AIdAF, Elena Zambon. “La necessità di adottare una governance aziendale chiara, lo sviluppo di uno spirito imprenditoriale che travalichi i confini nazionali ed europei, il maggior coinvolgimento dei giovani basato sulla valutazione del merito, sono sollecitazioni importanti per noi imprenditori, chiamati quotidianamente a guidare al meglio le nostre imprese familiari”.

“Le imprese familiari”, dichiara Alberto Meomartini, vice presidente della Camera di commercio di Milano, “sono non solo un simbolo importante di continuità e di capacità di conciliare tradizione e innovazione ma sono anche un esempio vivo di quel modo di fare impresa che ha costruito la storia dell’imprenditorialità milanese e italiana. Imprese che sono riuscite a fare del ricambio generazionale un’occasione di crescita e che hanno affrontato la sfida della modernità puntando anche sull’internazionalizzazione. Per questo, in un momento di crisi come quello attuale, è importante continuare a sostenerle e promuoverle in un’ottica di partnership tra pubblico e privato”.

“Per noi la conoscenza delle dinamiche delle aziende familiari è strategica”, afferma Marco Gabbiani, responsabile family business per UniCredit. “I dati ci dicono che anche le aziende familiari italiane devono compiere passi decisi verso la crescita dimensionale, in primis sui mercati esteri per avere nuove opportunità di sviluppo sia dal punto di vista della domanda, sia dei positivi effetti in termini di efficienza produttiva, innovazione e diversificazione del business indotti dagli interscambi con l’estero. Per aiutare le aziende nel processo di internazionalizzazione, UniCredit ha avviato un piano articolato, che dal 2012 ci ha consentito di accompagnare all’estero circa 13 mila aziende, con l’obiettivo di arrivare a 20 mila entro il 2015 grazie a competenze specialistiche, alla piattaforma web UniCredit International, alle iniziative di orientamento e formazione dedicate alle imprese, al sostegno operativo e finanziario nelle operazioni di acquisizione anche cross border che siamo in grado di mettere a disposizione nei 50 Paesi in cui siamo presenti”.

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