Economia a bambù

untitled (2)Mi ritrovo, in questi giorni, in ferie indotte per il ponte 25 aprile e 1° maggio e penso alle ferie che facevo in agosto, qualche anno fa prima di diventare papà.

Sono sempre stato affascinato dal modo in cui si costruisce in giro per il mondo: differenze istruttive! Ricordo bene i cantieri edili nel sud est asiatico, mi riferisco a Birmania, Tailandia Cina e Nepal, paesi che ho avuto la possibilità di visitare in vacanze ormai lontane, trascorse qua e la nei mesi di agosto, piovosi ma colorati, a conoscere, ad acculturarmi. Vedere un’intera impalcatura in bambù che sorregge operai al lavoro che costruiscono un edificio vero, pareva paradossale e da un certo punto di vista m’inquietava un po’. Solo ora conosco le pregiate qualità di questa straordinaria pianta verde e cava…

La Green Economy passa anche per di qua: se molte persone capissero che è possibile fare e costruire in modo alternativo e in totale equilibrio con la natura, il mondo girerebbe a una velocità diversa. Non intendo la rivoluzione siderale della Terra attorno al Sole ma alla velocità dei pensieri nel cervello delle persone, se rallentassero, le scelte che noi faremmo, sarebbero più ponderate. Ci vuole più conoscenza, ci vuole più fantasia e bisogna lasciare i luoghi comuni che ci assiderano la mente, come siamo ormai abituati nell’economia dell’usa e getta.

Bene usiamo sprechiamo e inquiniamo fuori misura, in modo superiore alle capacità della Terra di metabolizzare le nostre impronte, è un fatto, ma se dobbiamo proprio continuare con l’usa e getta, (voglio sottolineare che la Natura non produce alcun rifiuto, la Natura non fa spazzatura, il rifiuto è un errore di progettazione umano) facciamolo con il bambù!! Solo attraverso la conoscenza, il sapere, la cultura in generale, (altro che con la cultura non si mangia, dice l’obsoleta generazione politica per giustificare i tagli alla ricerca in Italia) riusciremo finalmente a rallentare il nostro pensiero. E a vivere meglio. Il liquido nero color liquirizia nascosto nelle viscere della Terra è finito, (quello a buon mercato).

Dobbiamo inventarci altri modi per vivere, senza arrivare alle barbarie per la condivisione delle poche preziose risorse rimaste tra i nove miliardi di persone che si prevedono per l’anno 2050. Chissà, magari tra una decina di anni, i capannoni che oggi si stanno svuotando, si riempiranno nuovamente di operai e creeranno oggetti di consumo quotidiano in bambù. Magari di produzione italiana. Può essere. Una pipa o una bara, una bicicletta in bambù, si costruiranno sempre, sarà il nuovo materiale più utilizzato nel futuro? Si semina oggi quello che si raccoglierà domani.

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