Influencer marketing: il 21% delle Pmi investe 50 mila euro

L’influencer marketing report 2018 è la prima indagine del neonato Osservatorio sull’Influencer Marketing attivato da IED Milano con AKQA, agenzia specializzata nell’innovazione digitale del gruppo WPP, e FLU, agenzia specializzata nella creazione, produzione e distribuzione di contenuti con influencer.

I dati sono frutto di una survey condotta tra luglio e settembre scorsi su professionisti dei comparti marketing e prodotto, digital PR e social media, e sul top management di aziende di vario settore attive in maggioranza a livello nazionale, con una predominanza di PMI (45% degli intervistati) e multinazionali (39%) e una certa presenza anche di consulenti (8%) e start-up (7%). Dall’indagine emerge che ben il 64% degli intervistati ha fatto ricorso nell’ultimo anno ad operazioni di influencer marketing, per il 62% in modo continuativo e attivando quindi le quattro leve essenziali di questo tipo di attività – scouting, strategia, ideazione creativa, reportistica e analisi – per il restante 38% in modo discontinuo e occasionale. Nello specifico, le realtà che maggiormente hanno strutturato attività continuative sono le start-up (il 70% ha risposto in maniera affermativa); ad aver fatto ricorso invece ad attività one shot sono invece per lo più le PMI (45%). Le multinazionali, infine, mostrano di aver investito di più nel trend in termini quantitativi.

SPESA E PROIEZIONI SUI PROSSIMI ANNI

Il 21% di chi ha attivato operazioni di Influencer Marketing ha speso più di 50 mila euro nell’ultimo anno mentre solo il 5% ha speso 0 euro, ossia ha condotto operazioni di questo tipo senza investire risorse economiche. Il 36% ha investito da 1.000 a 10 mila euro, il 39% da 10 a 50 mila. Ad aver allocato budget più consistenti sono – come è prevedibile – le multinazionali (30%), mentre ad essersi “arrangiate” a costo zero sono per lo più start-up (10%), che risultano essere però anche le più rappresentative (60%) nella fascia di spesa da 1.000 a 10 mila euro.
Positiva la proiezione sugli anni successivi, che testimonia un buon ROI sulle operazioni: il 65% di chi ha già investito in influencer Marketing lo scorso anno dichiara di aver aumentato il budget per il 2018 e il 79% di questi prevede un incremento ulteriore per il 2019.

A CHI CI SI RIVOLGE? IL VALORE DELLA FORMAZIONE

Il 60% degli intervistati che hanno fatto ricorso all’Influencer Marketing si è rivolto per l’ideazione e la conduzione dei progetti ad agenzie specializzate, in particolare agenzie di Influencer Marketing puro (36%) e agenzie social (29%), mentre un restante 14% si è rivolto direttamente a network di influencer. I dettagli mostrano come il valore percepito nell’affidarsi a professionisti esterni sia molto alto per quanto riguarda la fase di scouting degli influencer più idonei per una campagna, attività al primo posto per preferenza tra i servizi richiesti alle realtà specializzate (38% dei rispondenti). Seguono, nell’ordine, la reportistica e analisi (26%), la strategia 20%, l’ideazione creative (16%).

Il ricorrere ad agenzie esterne ha una chiara motivazione pratica e strategica: in azienda ben il 52% degli intervistati afferma di non avere una risorsa specializzata che si occupa dei progetti di influencer marketing. E addirittura l’88% ritiene opportuno formarsi o accrescere le proprie competenze nell’ambito, con percorsi particolarmente focalizzati proprio sulla strategia. Scendendo più in dettaglio, solo il 6% non dispone di una figura dedicata e neppure ritiene opportuno formarsi, mentre una pari percentuale dispone di una simile figura e non ritiene utile la formazione. Ben il 41%, invece, pur avendo una figura dedicata all’Influencer Marketing riconosce il bisogno di formazione, quota che sale al 47% di chi non ne dispone.

CRITERI DI SODDISFAZIONE

Il 24% degli intervistati non si ritiene soddisfatto del lavoro svolto con gli influencer. Le prevalenti motivazioni dichiarate sono i problemi di misurazione de risultati/KPI (per il 28%), la mancanza di pianificazione/strategia sul lungo periodo (26%), la mancanza di fiducia nell’influencer marketing (21%), la scarsa professionalità/disponibilità dell’influencer (11%), la scelta errata dell’influecer problemi (9%). Rispetto ai criteri di valutazione dell’adeguatezza dell’influencer spiccano, invece, l’affinità con il brand (35%) e l’allineamento all’audience target (19%), a cui seguono l’analisi quali/quantitativa dei contenuti (13%) e l’influencer score (7%).

E CHI NON LO UTILIZZA?

Se il 36% degli intervistati dichiara di non aver mai attivato iniziative di influencer marketing, l’indagine analizza anche i motivi di questa scelta. Dalle risposte del campione emerge che le ragioni prevalenti sono – nell’ordine – la diffidenza in questo tipo di attività, la mancanza di necessità, la mancanza di strategia, i limiti di budget, il core business BtoB (con un target difficilmente raggiungibile attraverso influencer che parlano al grande pubblico), la difficoltà nell’individuare un partner giusto. Se la percentuale di chi non si è rivolto all’influecer marketing non è indifferente, le proiezioni per il futuro sono però incoraggianti. Il 29% dei non utilizzatori tra gli intervistati dichiara infatti di voler iniziare a utilizzarlo prossimamente.

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