Fiscal Cliff. Basterà agli Usa a evitare il burrone?

di Elisabetta Villa consulente di Advise Only. Il 2013 si apre con i mercati in festa, e i commentatori spiegano questa euforia come risultato dell’accordo raggiunto dal Congresso americano per evitare il Fiscal Cliff. Un po’ meno positive le reazioni di alcuni commentatori e del Fondo Monetario InternazionaleDopo una maratona durata oltre 80 ore, finalmente si è arrivati ad un compromesso tra Democratici e Repubblicani che allontana, per ora, il baratro fiscale negli Stati Uniti. Lo scenario peggiore per gli aumenti delle imposte (che si sarebbe tradotto in -4% del Pil) è stato scongiurato ma la politica fiscale USA si presenta oggi maggiormente restrittiva rispetto a quella del 2012: l’impatto dell’accordo di fine anno è quantificato da JPM in un -1% di Pil e da Goldman in un -0,6% nel 2013, che non è poco per un’economia che è prevista crescere sotto al 3% reale (FED: 2,65%, FMI: 2,1%). Inoltre, cosa assai più importante, l’accordo non risolve affatto i problemi di lungo termine della sostenibilità fiscale degli Stati Uniti: come si diceva in questo blog la situazione fiscale USA sarà uno dei temi dominanti del 2013.  Riassumiamo brevemente che cosa è stato deciso e quali sono le caratteristiche del compromesso sul Fiscal Cliff dal Congresso americano:

Incremento della tassazione per le fasce alte di reddito. L’aliquota marginale sale al 39,6% (dal precedente 35%) per i redditi al di sopra dei 400.000 dollari (450.000 a livello di famiglia).

Conferma delle agevolazioni fiscali che furono decise da Bush nel 2001 (e confermate da Obama nel 2010) per i redditi medi.

Estensione, sino a fine anno, dei sussidi di disoccupazione (che riguardano circa 2 milioni di persone).

Conferma degli sgravi fiscali per figli a carico e istruzione (per altri 5 anni).

Estensione per un anno del credito d’imposta per le imprese che investono in attrezzature e ricerca.

Aumento al 40% della tassa di successione sulle eredità oltre i 5 milioni di dollari (era al 35%).

Aumento al 20% della tassazione su dividendi e capital gain (dal 15%); per i redditi al di sopra dei 400 mila dollari (450.000 a livello di famiglia).

Eliminata la riduzione del 2% sulle buste paga (la payroll tax era stata diminuita dal 6,2% al 4,2% da Obama) e questo, secondo il New York Times colpirà il 77% dei consumatori americani.

Tagli alle spese: non sono state prese decisioni di rilievo. I tagli, quantificati in  110 miliardi di euro nel corso di quest’anno, verranno negoziati e discussi per altri due mesi.

Sebbene sia stato fatto un passo indietro rispetto al ciglio del burrone, alcuni temi relativi al Fiscal Cliff non sono risolti e si ripresenteranno nelle accese discussioni politiche nei mesi a venire. La prossima data per la parte del Fiscal Cliff relativa ai tagli di spesa obbligatori (“sequestration”) sarà 1° marzo 2013. Dal lato dei conti pubblici americani invece, la strada è ancora lunga e si preannuncia tutta in salita. Il prossimo tema sarà relativo all’innalzamento del tetto del debito, il limite oltre il quale il Governo Usa non può indebitarsi (il Debt Ceiling). Per approfondire o tenere sotto controllo il rating e numerose altre informazioni sugli Stati Uniti e altri paesi, allora accedi (o iscriviti gratuitamente, se ancora non l’hai fatto) al sito www.adviseonly.com. Potrai fruire di dati aggiornati su rendimento a scadenza e performance dei titoli di stato, il rischio e le performance delle azioni, lo spread dei paesi europei e tanto altro ancora.

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