Calano le commesse, ovviamente, cala il lavoro.
Credo che sia frustrante anche per il mio datore di lavoro chiedere la sospensione del lavoro per i suoi dipendenti ma oggi il mercato funziona così, “il cliente ci impone il prezzo diversamente, il lavoro lo assegnerà alla lontana concorrenza”, mi dice il capo. Aggiunge “anche a fare la spesa la gente si orienta nei discount alimentari per cercare il prezzo più basso”. E’ una realtà difficile da invertire rispondo io: si tende a cercare sempre e solo il prezzo più basso oramai, e questo (capitalismo puro) che condiziona il mondo odierno, lesinando soprattutto sulla qualità! Anche nel consiglio d’istituto a scuola si presentano analogie nel decidere sul prezzo di una fotografia da scattare agli alunni per ricordo. Il prezzo più basso è fornito da un fotografo lontano dal nostro territorio, addirittura un’altra regione, però se voglio contrastare la fuga del lavoro, devo far capire che forse e meglio scegliere il fotografo della città, ma non è facile; l’offerta migliore o far lavorare un fotografo sul territorio? (Si è scelto per il fotografo locale).
Micro macro. Quando compro voto!
Facendo la spesa devo acquistare prodotti che ritengo giusti, non farmi orientare solo da quello che costa meno (speculazione economica come chi impone il prezzo). Quello che acquisto deve essere soprattutto il migliore per me sotto tanti punti di vista, non solo quello economico, perché io valgo. Facendo moltissimi acquisti anche con il mio gruppo di acquisto solidale, GasbiOleggio, compriamo soprattutto biologico e a Km zero, equo e solidale, facendo lavorare agricoltori della zona come i produttori di BioNovara, Al Carlin di poum o la cooperativa Aequos, e tanti altri, come i produttori del buonissimo olio extravergine della Casa dei Giovani.
Se capisco cosa significa veramente produzione biologica capisco che posso far girare un’economia che credo giusta e non sfruttatrice ( è veramente più alto il prezzo?). Se devo comprare calzature o maglieria intima, con un gruppo di acquisto scelgo prodotti che non hanno sfruttato il lavoro minorile e che paga equamente i lavoratori delle aziende fornitrici per le materie prime e li trasforma poi vicino a casa, tipo la realtà Made in No, scelgo produttori che valutano l’impatto sull’ambiente, oltre che al loro profitto, fornendogli anche micro credito…
Se scelgo solo quello che costa meno, sono come il grande capitalista che sfrutta il cliente, che sfrutta il mio datore di lavoro, che sfrutta gli operai che acquistano poi al prezzo più basso sfruttando l’ambiente?
Se si persegue solo il profitto (il risparmio sulla spesa è una speculazione per non perdere il capitale) il risultato è quello che siamo oggi: una società occidentale strutturata sull’avere, come diceva il grande psicoanalista del novecento Eric Fromm.
Ho installato il fotovoltaico sul nostro tetto di casa e abbiamo scelto i ragazzi giovani della piccola realtà locale Negawatt, ragazzi che posso salutare quando vado a fare la spesa al Gas o al bar, o incontro quando accompagno i miei bambini a scuola. Anche se il preventivo per il fotovoltaico era più alto del concorrente del paese vicino, penso che scelte locali facciano scelte globali, scelte ponderate da capacità critiche obbiettive, oltre che morali. Oggi più di ieri, mi accorgo che non faccio scelte conformiste ed alienate, faccio scelte che fanno bene all’economia e sono frutto di fiducia in se stessi.
La grande distribuzione profitta condizionando il prezzo all’origine al piccolo o medio produttore? La globalizzazione fa si che con un clic di mouse si scelga se far lavorare me o Taiwan?
Se io non lavoro, guadagno meno o nulla, spendo al ribasso, contribuisco allo sfruttamento di agricoltori che con un clic sono sfruttati dalla grande distribuzione, e poi questi produttori entrano in competizione con altrettanti produttori ma lontani dalle nostre realtà?
Se acquistassi una lavatrice Indesit la realtà lavorativa italiana odierna sarebbe diversa? O devo scegliere la qualità straniera a minor costo? Chi se ne frega della produzione italiana? In Italia ci sono gli italiani! Devo accontentarmi? Anche, ma, per esempio, devo soprattutto capire che una lavatrice prodotta in Italia fa girare l’economia italiana ed è da preferire, mangiare fragole o peperoni da culture idroponiche (sapore zero) o importate dal Cile a dicembre, è sbagliato, comporta conseguenze su scala mondiale non poco indifferenti, poi quando è giugno tonnellate di buon prodotto italiano, è compostato perché non competitivo sul “mercato”, e molti giovani oggi non lavorano perché con un clic si sceglie un prodotto estero ad uno o due centesimi in meno al chilogrammo.
Cerco di ragionare, di orientare la mia frecciolina puntatore sullo schermo e solo quando è il momento giusto, esercito pressione sul topo vicino a me facendolo squittire, con la sua coda immette nel mondo un segnale dalla forza di un elefante: quando compro voto! Tu da che parte stai? Sei anche tu un capitalista sfruttatore e poi ti lamenti perché rimani senza lavoro?
La mia felicità non dipende dal potere di acquisto: sono più felice se posso comprare una casa o se realizzo me stesso costruendola con le mie mani? Sono più felice se aumento la fiducia in me stesso esprimendo creatività, magari riparando anche la lavatrice (i ricambi italiani fanno girare l’economia italiana) o se rimango alienato nella conformità? Sono più felice se mangio un ortaggio coltivato da me o se ho potuto solamente comprarlo?
Oggi, sono in cassa integrazione.