Altri 12 anni per lo smantellamento definitivo della centrale di Trino Vercellese

Ve la ricordate la centrale nucleare Enrico Fermi di Trino Vercellese? È rimasta in funzione dal 1964 al 1987 anno in cui  la popolazione italiana si espresse attraverso un referendum abrogativo sull’intervento statale quando il Comune non concede un sito per la costruzione di una centrale nucleare. Il referendum fu vinto dai sì con quasi 21 milioni di voti contro poco più di 5 milioni che votarono no. A mobilitare i movimenti antinuclearisti e l’opinione pubblica italiana era stato l’incidente che nell’aprile del 1986  interessò il reattore numero 4 della centrale elettronucleare di Chernobyl che esplodendo diffuse una nube radioattiva su una parte dell’Europa. Questo gravissimo incidente portò la popolazione italiana a richiedere e approvare tre quesiti referendari inerenti alla localizzazione e le agevolazioni al nucleare. La centrale di Trino concluse il suo nono ciclo di combustibile il 21 marzo 1987. Nel luglio del 1990 tutto il programma nucleare italiano fu sospeso, l’ultima ricarica di combustibile non ancora consumato fu venduta e la centrale messa in safestor (Safe Storage) o custodia protettiva passiva. Ventidue anni dopo il Ministero dello Sviluppo Economico finalmente ha approvato, su parere dell’Autorità di sicurezza nucleare (Ispra) e delle altre Istituzioni competenti, il decreto per il suo definitivo smantellamento. Quella di Trino è la prima delle quattro centrali nucleari italiane a ottenere il decreto di disattivazione, che consente di avviare le attività per la bonifica completa del sito con lo smantellamento e la decontaminazione dell’isola nucleare. La spesa per lo smantellamento è stimata da Sogin, – la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi provenienti dalle attività nucleari industriali, mediche e di ricerca, –  intorno ai 234 milioni di euro di cui 52 milioni per il conferimento dei rifiuti al deposito nazionale. Oltre le quattro centrali nucleari italiane di Trino (Cv), Caorso (Pc), Latina e Garigliano (Ce)  sono stati affidati in gestione a Sogin gli impianti Enea di Saluggia (Vc), Casaccia (Rm) e Rotondella (Mt) e l’impianto FN di Bosco Marengo (Al). Le principali attività di bonifica del sito fino a oggi hanno riguardato la demolizione delle torri di raffreddamento; l’abbattimento della torre metereologica; la decontaminazione dei generatori di vapore; lo smantellamento degli edifici che ospitavano i generatori diesel d’emergenza; la rimozione della traversa sul Po, necessaria a garantire l’approvvigionamento idrico durante l’esercizio della centrale; la bonifica dell’amianto; lo smantellamento dei componenti dell’edificio turbina; la rimozione dei sistemi ausiliari non contaminati della zona controllata. Conclusa la bonifica, il sito, libero da vincoli radiologici, sarà restituito al territorio per il suo riutilizzo nel 2024 (cosiddetto “Green field”), mentre il completamento delle operazioni di smantellamento (cosiddetto “Brown field” in cui i rifiuti radioattivi sono temporaneamente stoccati nel sito in attesa del loro trasferimento al deposito nazionale) è previsto per il2019. A proposito del deposito nazionale per lo smaltimento delle scorie nucleari, il ministro dello Sviluppo Corrado Passera nel corso di un’audizione alla commissione Bicamerale sul ciclo dei rifiuti , lo scorso marzo ha presentato un progetto per la realizzazione del  deposito, con un annesso polo tecnologico, per un investimenti complessivo di 2,5 miliardi, affidando a Sogin  l’individuazione del sito. La società si è impegnata a fornire entro i primi mesi del 2013 una prima mappa delle potenziali ubicazioni. Sogin, inoltre, ha il compito di localizzare, realizzare e gestire il parco tecnologico, comprensivo del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. La Società, interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, opera in base agli indirizzi strategici del Governo italiano.

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