Startup: per crescere non solo grandi numeri

Nel corso dell’ultima edizione dell’Open Innovation Summit 2016 che si è svolto a Saint Vincent la scorsa settimana è stata lanciata una sfida: fare in modo che il 5% delle 200 mila imprese italiane con più di 10 addetti, adotti una startup digitale.

Durante l’incontro i principali protagonisti del mercato, istituzioni, investitori, incubatori, startupper si sono confrontati su evoluzioni, trend e opportunità di innovare i processi aziendali interni, prodotti e servizi grazie alle giovani imprese innovative ad alto contenuto tecnologico. Erano presenti, fra gli altri, anche Paolo Barberis,
consigliere per l’innovazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Stefano Firpo, direttore generale
del Ministero dello Sviluppo Economico e Marco Gay, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria
nonché vicepresidente di Digital Magics, i vertici di Bricoman, Cisco, Club degli Investitori, dPixel, Ernst & Young, euro engineering (gruppo Adecco), H-FARM, IBAN, IBM Italia, Italia Startup, Kanso, Nana Bianca, PoliHub, QVC Italia, Smau, Talent Garden e Tamburi Investment-

L’obiettivo dell’iniziativa è quello si favorire l’incontro tra Pmi e startup, con programmi di ‘Open Innovation’ – per creare valore aggiunto per entrambi le parti. Un modello, che può portare a ‘corporate venture capital, già applicato in molti Paesi del mondo. L’incontro fra le imprese e le startup dovrebbe portare all’acquisizione di queste ultime e a exit industriali. Il matching con la nuova impresa digitale rappresenta un acceleratore naturale per l’innovazione dell’industria tradizionale, in grado di portare il Made in Italy a competere a livello internazionale.
Nel 2009 – è stato detto durante l’Open Innovation Summit 2016 – c’erano solo 4 startup al mondo valutate
più di un miliardo di dollari. Nel tempo il loro numero è cresciuto in maniera importante. Oggi, secondo i
dati di CB Insights, ce ne sono 152 nel mondo. In Europa (Fonte GP. Bullhound) arriviamo a 47. Le più
grandi sono nell’ordine Spotify, Skype e Zalando. Hello Fresh, Blippar ed Evolution Gaming sono fra le
ultime arrivate. In Italia solo Yoox ad aprile 2016 aveva un valore di 4 miliardi di dollari. Diciotto grandi startup sono nati nel Regno Unito, sette in Svezia, sei in Germania, tre in Francia. Queste aziende europee hanno impiegato tra i 7 e i 9 anni per diventare grandi. E al di là degli investimenti raccolti, al momento soltanto il 60% delle grandi startup europei fa profitti. Per capire i rapporti di forza col nostro Paese soltanto 7 startup di successo hanno raccolto fino ad oggi più di 10 milioni di euro.
Ma le grandi startup quelle di successo non possono costituire il fondamento dell’ecosistema delle startup,
anche perché spesso sono il frutto di sopravvalutazioni. Se pensiamo al tessuto imprenditoriale del nostro
Paese sarebbe più proficuo sostenere in maniera sana e ragionata la crescita delle startup. Ci sono quasi
6.000 startup iscritte nella sezione speciale del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio e oltre
200.000 grandi e medie imprese italiane con almeno 10 addetti. Se solo 10.000 (il 5%) di queste ultime, che
certamente hanno necessità di fare innovazione, facessero sinergia con queste startup in un processo di
contaminazione proficuo si creerebbe un’occasione di rilancio dell’economia italiana e del nostro Pil.
Invece di concentrarsi sulle stratup di successo bisogna lavorare per favorire l’incontro fra le Pmi, le grandi aziende italiane e le neoimprese innovative, per creare e favorire rapporti di collaborazione in ottica di sviluppo del business, ovvero di crescita del fatturato, da entrambe le parti.

Basta quindi, sembra dire il mondo degli incubatori edei capital ventures,  con le giovani imprese innovative italiane che nascono per poter essere vendute al miglior offerente dopo qualche anno. Basta con una visione
speculativa che si attribuisce a chi decide di fare impresa, cosi com’è altrettanto evidente che il ruolo del
venture capital assuma un’importanza strategica nel breve termine. L’obiettivo è avere un ritorno
d’investimento molto elevato nel giro di pochi anni.

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