Più Iva sui carburanti? Figisc e Anisa dicono no

«Un ulteriore aumento dell’Iva sarebbe un’ulteriore mazzata alla domanda interna, che tra consumi e investimenti muove l’80% del prodotto interno lordo, al potere d’acquisto delle famiglie e ai conti delle imprese», dichiarano Luca Squeri, presidente nazionale Figisc – www.figisc.it – e Stefano Cantarelli, presidente nazionale Anisa – www.anisa.it – le due organizzazioni che raggruppano i gestori degli impianti di distribuzione carburanti rispettivamente della rete stradale e di quella autostradale. «A maggior ragione nel settore dei carburanti che dall’inizio del 2012 all’aprile 2013 ha perso già l’11,4 % dei consumi, un indice che è pari a quasi due volte e mezza la flessione generale dei consumi del Paese».«Con i continui aumenti delle accise dal 2011 e di un punto di Iva, già intervenuti fino ad oggi, la fiscalità di base (senza il prezzo industriale) sui carburanti è aumentata mediamente dal 31 al 49 % a seconda dei prodotti,» denunciano i rappresentanti della categoria dei benzinai «il prezzo al consumo della benzina è aumentato di 25 cent/ litro, di cui solo 4 sono dovuti all’aumento del prezzo industriale (il 15 %), mentre ben 21 sono da addebitare all’incremento delle imposte che hanno contributo per l’85 % a tale incremento; per non parlare del gasolio, in cui, su 23 cent/litro in più sul prezzo finale al consumo, il 100 % è dovuto all’aumento delle imposte.»

«Già oggi – e così va avanti da quindici mesi – le imposte sui carburanti in Italia sono le più alte dell’Unione Europea e si portano via dal 56 al 61 %, a seconda si tratti di gasolio o benzina, del prezzo pagato dall’automobilista. L’ulteriore aumento di un punto di Iva comporta un ulteriore balzello di 2 cent/litro che spingerà ancor più nel baratro questi consumi necessari per la mobilità di famiglie ed imprese», concludono Squeri e Cantarelli, che aggiungono «Il settore è già stato duramente penalizzato dalle scelte fiscali dei governi ed in particolare lo sono stati i gestori, che acquistano il prodotto con tutte le imposte che vi gravano e con oneri finanziari del tutto sproporzionati alla redditività, che hanno un margine lordo fisso del tutto indipendente dagli aumenti del prezzo finale – e che di questo prezzo non rappresenta ormai più del 2,2 % -, margine peraltro già dimezzato dalle politiche commerciali imposte loro dalle compagnie petrolifere e dal crollo verticale dei consumi intervenuto da un anno e mezzo a questa parte».

 

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