Più di 40mila le imprese digitali lombarde

 

Al primo posto Milano, seguono Brescia e Bergamo

Quasi 230mila gli addetti lombardi

 

Milano, 2 luglio 2013. Sono oltre 40mila le imprese digitali in Lombardia, circa una su quattro del totale nazionale. Oltre la metà è concentrata a Milano (23.062 imprese, 55,4%). Seguono Brescia (10,8%), Bergamo (7,4%) e Monza e Brianza (7,2%). Circa un’impresa digitale su tre in Lombardia si occupa di attività di direzione aziendale e consulenza gestionale, quasi una su quattro nella produzione di software e attività informatiche e oltre una su cinque nel settore pubblicitario e delle ricerche di mercato. Più di 800mila gli addetti delle imprese digitali italiane, quasi uno su tre è lombardo (28,4%). Tre addetti su quattro lavorano a Milano (21% del totale nazionale). Al secondo posto Brescia (5,8%) e al terzo Bergamo (4,8%). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese al I trimestre 2013.

La ricerca di ASSINTELdigitale presentata oggi in Camera di Commercio di Milano. 230.000 è il numero dei soggetti censiti, di cui 173.000 sono a pieno titolo nuove imprese digitali e si muovono nei Servizi Web, Mobile e Internet of Things, nel Software e Big Data, nella Consulenza, nei nuovi Media sociali, nel Design, nelle Produzioni multimediali e nel Digital Entertaiment, nel Finance 2.0. Sono soprattutto piccole imprese di under 35. Negli anni della crisi crescono, nel 2013 il fatturato sarà in miglioramento o stabile per i tre quarti degli intervistati.

 

“Sono la punta di diamante della nostra imprenditoria e tengono agganciata l’Italia alla modernità – questo il commento di Giorgio Rapari, Presidente Assintel e consigliere della Camera di commercio di Milano -. I dati della ricerca danno luce ad uno scenario decisivo per la nostra economia: in Italia esiste un universo fluido di nuove imprese che, nonostante la crisi strutturale, funzionano. Portatrici di innovazione, sono le punte di diamante di una nuova imprenditoria che dobbiamo riconoscere e valorizzare, perché contribuisce in maniera decisiva all’innalzamento del PIL e della nostra competitività”.

 

“Cercano un centro di gravità permanente, – sottolinea Maria Grazia Mattei, Vice Presidente di Assintel e coordinatrice ASSINTELdigitale – la verticalizzazione che rappresenta il nuovo mondo dell’impresa digitale. Hanno al centro delle loro attività il web e la creatività, parlano linguaggi nuovi e si muovono su logiche fluide e poco strutturate. Per questo non si riconoscono nei tradizionali modelli di rappresentanza e soffrono di una sindrome di disadattamento al contesto burocratico. Ed è proprio ricalcando queste esigenze che ASSINTELdigitale sta costruendo un luogo identitario adatto a loro”.

La ricerca è stata svolta nel mese di maggio 2013 per ASSINTELdigitale dallo Studio Giaccardi e Associati ed ha elaborato dati provenienti sia da un’indagine desk, sia da un campione qualitativo di 204 interviste.

Le imprese digitali sono piccole e medie imprese, con mediamente 17 collaboratori e un fatturato di 1.000.000 di euro. Ma il 44%, essendo giovanissime, si colloca sotto i 100.000 euro l’anno. Il 75% di esso è nel b2b e l’87% è generato in Italia.

Nel 2013 le previsioni sono controcorrente rispetto alla crisi: in crescita nel 68% dei casi e stabili per il 28%.

Il 63% è digital native, cioè è nata recentemente sui nuovi paradigmi digitali, ed è mossa in primo luogo da passione e incontri professionali precedenti; il restante 37% deriva da una evoluzione delle “vecchie” imprese IT. Per due terzi sono SRL, ma il modello organizzativo è per lo più “liquido”: il 60% delle imprese è infatti strutturato sul singolo processo/commessa ed è per lo più informale. Protagonista assoluto dell’organizzazione e della comunicazione interna è il web, vera piattaforma di collaborazione per l’85% di esse. Il 33% lo utilizza anche per vendere online.

 

L’identikit del lavoratore digitale: giovane (67% under 35, che sale al 72% nelle imprese native digitali), maschio (64%), laureato (il 65%) o addirittura con master/dottorato/PHD (12%), con esperienza lavorativa all’estero (29% nelle imprese digital native). Ma soprattutto con un contratto atipico per oltre un terzo di essi (CoCoPro e Partite IVA). Il cosiddetto posto fisso, a tempo indeterminato, resta predominante solo per le imprese tradizionali IT based, più grandi e organizzate, mentre è un non-luogo per quelle native digitali (solo il 26%): i costi dello Stato sul lavoro per le loro organizzazioni piccole e liquide sono troppo alti. In esse molto spesso il titolare è factotum e i carichi di lavoro diventano critici.

L’occupazione è in costante crescita: a fine 2012 sono oltre 620.000 gli addetti digitali, in crescita di quasi 75.000 unità (+13,7%) rispetto all’inizio della crisi nel 2009. Ma il dato più interessante è che ad essi si aggiunge oltre un altro terzo di professionisti atipici, cioè oltre 250.000 persone strutturali nei processi produttivi della nuova impresa digitale, che stimati attraverso l’indagine di campo.

 

Le maggiori criticità dichiarate dagli imprenditori?

Ai primi posti il costo dello Stato sul lavoro, l’accesso al credito bancario e l’ancora scarsa disponibilità in Italia di investimenti privati. Ci sono poi i problemi di tipo organizzativo: troppo carico di lavoro su poche persone, mancanza sul mercato di competenze tecniche e manageriali adeguate, e parallelamente una scarsa offerta formativa adeguata alle loro esigenze.

 

 

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