Piantare ancora alberi? Meglio gestire le foreste

Uncem apprende con sorpresa che i Comuni sono stati raggiunti da nuove proposte e inviti a piantare alberi.

Una soluzione semplicistica per affrontare le sfide climatiche ed ecologiche in corso. Uncem ha voluto intervenire, con Sisef, Ordine degli Agronomi e Forestali, Crea e tanti altri soggetti associativi e istituzionali per “indirizzare” e anche correggere la campagna “60milioni di alberi” partita con molta eco mediatica nei mesi scorsi.

Se nuovi alberi si vorranno piantare, questi vanno piantumati dove serve, nelle aree urbane secondo l’apposita Strategia, nelle zone metropolitane, prevedendo le adeguate essenze e anche efficaci strumenti per la gestione del verde nel futuro.

Di certonelle aree montane del Paese il problema e la necessità non è piantare nuovi alberi. I Comuni alpini e appenninici lo sanno bene. Perché ogni giorno si trovano a lavorare, a cercare risorse, a impegnarsi per una migliore gestione attiva della superficie forestale, 11 milioni di ettari di bosco dell’Italia.

Tanti. Che se cresceranno ancora un po’ senza gestione, senza avere una corretta pianificazione, diventeranno sempre più un problema. Questa è la nostra urgenza, questo è anche il lavoro dei Comuni montani, insieme, con Unioni montane e Comunità montane.

Gestire il bosco che c’è

Per questo, Uncem chiede ai Comuni due cose, urgenti: di continuare percorsi per la gestione attiva dei boschi pubblici e operare in accordo con i privati (stiamo lavorando anche noi come Uncem per scrivere la Strategia forestale nazionale prevista dalla legge forestale del 2018).

Ci sono moltissime cose da fare: tagliare con turni di taglio regolari, realizzare strade e piste, piazzali e pezzi di filiere corte ed efficaci per rendere i boschi più produttivi e protettivi, a vantaggio di protezione dei versanti e difesa dal dissesto.

Sosteniamo le imprese, le cooperative forestali, le associazioni di proprietari e di imprese. Avviamo in Italia, con tutti gli Enti locali protagonisti, una seria politica forestale che incroci industria ed energia, senza separare i problemi della riorganizzazione della proprietà e l’ammodernamento delle imprese. La seconda cosa da fare è provare a individuare almeno qualche ettaro di superfici, nei nostri Comuni montani, di prato-pascolo.

È stato troppo mangiato dal bosco. Ne abbiamo sempre meno. Eppure, l’assorbimento di CO2 del prato-pascolo raggiunge livelli importantissimi.

E l’abbandono delle superfici agricole va contrastato con chiare politiche e indirizzi anche da parte dei Comuni.

Abbiamo perso troppe aree a pascolo. E biodiversità. E imprese agricole, lavoro, reddito, valore. A farne le spese è l’economia della montagna, tanto più perché invase da un bosco dallo scarso valore.

Dunque, nei Comuni montani stiamo bene anche con un albero in meno, meno demagogia e più concretezza.

L’economia della montagna ha nell’agricoltura, nell’allevamento e nelle gestioni forestali attive tre grandi pilastri. Non perdiamoli e non abbattiamoli raccontando che un albero in più ci protegge sempre e comunque (indipendentemente da dove e come viene messo a dimora) da cambiamenti climatici e mancanza di biodiversità. Un albero in più, ai Comuni montani oggi non serve.

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