In Europa siamo comunque alle prese
con la crisi del debito

di Mike Riddell, M&G Emerging Markets Bond fund. Alla fine di aprile, i rendimenti dei Bonos spagnoli a cinque e dieci anni sono scesi ai minimi dalla fine del 2010. Il rally è stato senza dubbio inaugurato dalla dichiarazione di Mario Draghi “qualsiasi cosa per preservare l’euro”, ed ulteriormente alimentato dal miglioramento dei dati economici dell’Eurozona alla fine del 2012, probabilmente in parte dovuto alle decisioni di Draghi. Comunque, il rally dei periferici è continuato quest’anno nonostante il deterioramento dei dati economici degli ultimi mesi. Oggi, fondamentali economici e valutazioni si stanno muovendo rapidamente in direzioni opposte.

Il grafico sotto illustra questa tendenza – sull’asse a sinistra si trova lo spread Btp a dieci anni sui Bund, e sull’asse a destra si trova l’indice Citi Eurozone Economic Surprise Index (quindi se la linea verde si muove in alto, i dati diventano più deboli di quanto non ci si aspettasse).

In particolare, continuo ad essere poco convinto della solvibilità della Spagna: definirei come insolvibile un Paese il cui rapporto debito pubblico/PIL cresce in modo indefinito. È vero che la BCE può riversare liquidità sulla Spagna per continuare a rinnovare il debito, ed è anche vero che molte altre nazioni industrializzate sono sulla stessa barca – si veda il caso del Giappone, dove il debito pubblico in rapporto al PIL sta velocemente crescendo al 300%, percentuale che sembra rendere il debito pubblico spagnolo poca cosa. Tuttavia, come abbiamo visto nel caso della Grecia, il debito sovrano nell’Eurozona può e sarà ristrutturato nel caso in cui il Paese venga giudicato insolvente, e questa sembra la direzione che sta prendendo la Spagna.

Se ci focalizziamo sulle dinamiche di lungo termine del debito spagnolo, vale la pena ricapitolare che il cambiamento nel rapporto debito/PIL di un dato Paese è in funzione di tre variabili, ovvero:

1. La differenza tra il costo degli interessi sul debito e la crescita nominale come percentuale del PIL. Se i costi di interesse sono maggiori del PIL nominale, allora questo porta un più alto rapporto di indebitamento;

2. Il cambiamento nella bilancia primaria di un Paese come percentuale del PIL (dove un bilancio primario è il bilancio prima del pagamento degli interessi). Un deficit di bilancio più grande è uguale a un più alto rapporto debito/PIL;

3. Il cambiamenti negli adeguamenti delle scorte. Questo adeguamento è generalmente di piccola entità, ma se un governo ricapitalizza una banca, il rapporto debito/PIL aumenta.

Il rapporto debito/PIL spagnolo è cresciuto a causa di tutte e tre le variabili elencate. Prendendo una alla volta ognuna di queste variabili, il grafico seguente intreccia la crescita del PIL nominale spagnolo con i costi di finanziamento nominali a sei anni; nello specifico dovrebbe essere il costo di interesse medio che va nella formula, che per la Spagna è al momento di circa il 4% – ho preso il rendimento sul titolo di Stato spagnolo a sei anni. Un costo di finanziamento del 4% poteva andare bene dal 2001 al 2007, poiché la Spagna era in grado di generare una crescita del PIL nominale dell’ordine del 7-9%, ma oggi non va bene.

Poiché i costi di finanziamento della Spagna sono più alti del tasso di crescita nominale, è necessario avere un surplus primario se si vuole stabilizzare il suo rapporto debito/PIL (come al punto 2). In realtà, la Spagna ha un grave deficit primario. Il grafico sotto mostra come a partire dal 2011 il Fondo Monetario Internazionale ha aumentato le sue previsioni di deficit di bilancio della Spagna.

Parte della ragione per cui il FMI ha previsto dei deficit sempre maggiori per la Spagna è dovuto alle previsioni di crescita sempre meno ottimiste. Il grafico seguente mostra come nel 2011 il FMI riteneva che la Spagna sarebbe cresciuta di un modesto 2%, mentre invece la Spagna rimane impantanata (di qualche settimana fa la notizia che il tasso di disoccupazione ha toccato il record del 27.2% nel primo trimestre dell’anno). La maggior parte delle previsioni di crescita di lungo termine sono meramente delle stime medie basate sui dati storici dei Paesi, ma dati gli elevati livelli di debito privato e pubblico della Spagna, così come i dati demografici in deterioramento, il tasso di crescita potenziale di lungo termine della Spagna può essere di circa il +1% per annum.

E cosa dire del terzo punto relativo al rapporto debito/PIL, ovvero l’adeguamento delle scorte? Il nostro analista per le banche spagnole Ed Felstead ritiene che non è improbabile che anche alcune delle banche che sono state ricapitalizzate dallo Stato avranno necessità di ulteriori ricapitalizzazioni, a dispetto del trasferimento dei loro asset più tossici a Sareb, la bad bank della Spagna. I non performing loans delle banche ora ‘pulite’ rimangono alti e la generazione di rendimenti rimane basse sui margini in caduta. Qualsiasi ulteriore deterioramento nella qualità degli asset risulterà nella necessità di ulteriori svalutazioni, che porterà a ulteriori perdite senza possibilità di rimpiazzare il capitale perso. Questo deterioramento è probabile dato lo stato dell’economia spagnola già argomentato, dalla vendita degli attivi dalla Sareb che aggiungerebbe ulteriore pressione al prezzo degli stessi, e dalla possibilità che venga introdotta una nuova legislazione in materia di esecuzioni ipotecarie e debiti morosi che sarebbe più favorevole ai prestatori.

Di conseguenza, in assenza di un miracoloso ritorno alla crescita, i costi di finanziamento per la Spagna continueranno ad eccedere il suo tasso di crescita, l’enorme deficit di bilancio rimarrà una costante, ed è facile prevedere che saranno necessarie ulteriori ricapitalizzazioni bancarie. Il FMI non ha più previsto una stabilizzazione dei livelli di debito spagnoli, al contrario ritiene che continueranno a crescere nel prossimo futuro, e questo è in virtù di aspettative di crescita del PIL che possono considerarsi più che ottimiste. I titoli di Stato dell’Eurozona, e gli spagnoli in particolare, sembrano vulnerabili rispetto a eventuali sell-off.

 

 

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