Foodora: una vertenza bollente! Un paradosso secondo Sacconi

Vertenza Foodora sempre più calda, salta incontro tra azienda e lavoratori. Per i fattorini le proposte dell’azienda sono ‘indecenti’,

E’ sempre più calda la vertenza Foodora, l’azienda tedesca che ha inventato l’App per la
consegna di cibo a domicilio. L’incontro previsto a Torino a mezzogiorno con i manager della società per definire nuove norme contrattuali è saltato. Due minuti dopo la mezzanotte è stata divulgata attraverso la newsletter aziendale la proposta di Foodora, considerata dai rider “indecente”:  In pratica l’azienda vorrebbe pagare 3,70 euro netti a consegna anziché 2,70, senza rinunciare al pagamento a cottimo. C’è anche la promessa di “una convenzione per la manutenzione delle biciclette e di una riorganizzazione della comunicazione per la gestione dei sistemi operativi con un nuovo sistema di messaggistica dedicato”. Condizioni che i fattorini di Foodora
giudicano “inaccettabili oltre che incredibilmente offensive e irrispettose” nei loro confronti. “Non ci sono i presupposti minimi per intavolare una trattativa e di questo dovranno rendercene conto”, sottolineano. Ieri mattina intorno alle 11,40, venti minuti prima dell’incontro, l’azienda comunica che l’incontro, a cui avrebbe dovuto partecipare anche il responsabile delle risorse umane arrivato dalla Germania, non si farà.

“L’audizione del direttore generale dell’ispettorato nazionale del lavoro Pennesi sul caso Foodora,
e sui lavori da piattaforma digitale, ha evidenziato la crescente complessità del mercato del lavoro. I drivers che
portano nelle case i piatti dei ristoranti realizzano secondo l’ispettorato una prestazione oggettivamente autonoma che può correttamente qualificarsi come cococo e per la quale è difficile stabilire un parametro di equo o congruo compenso secondo norme e giurisprudenza. Paradossalmente il jobs act ha cancellato i contratti a progetto per soddisfare le pance ideologizzate facendo così riemergere le ben più sregolate
collaborazioni. In particolare, ai contratti a progetto si applicava il riferimento ai contratti collettivi dei lavoratori
subordinati più prossimi per stabilire il corretto compenso. Ora solo un accordo collettivo potrebbe definire in termini più congrui il rapporto di lavoro di questi prestatori d’opera.
D’altronde lo stesso progresso tecnologico sarà più fluido se non proporrà forme di abuso del lavoro”. Lo scrive “L’audizione del direttore generale
dell’ispettorato nazionale del lavoro Pennesi sul caso Foodora,
e sui lavori da piattaforma digitale, ha evidenziato la
crescente complessità del mercato del lavoro. I drivers che
portano nelle case i piatti dei ristoranti realizzano secondo
l’ispettorato una prestazione oggettivamente autonoma che può
correttamente qualificarsi come cococo e per la quale è
difficile stabilire un parametro di equo o congruo compenso
secondo norme e giurisprudenza. Paradossalmente il jobs act ha
cancellato i contratti a progetto per soddisfare le pance
ideologizzate facendo così riemergere le ben più sregolate
collaborazioni. In particolare, ai contratti a progetto si
applicava il riferimento ai contratti collettivi dei lavoratori
subordinati più prossimi per stabilire il corretto compenso. Ora
solo un accordo collettivo potrebbe definire in termini più
congrui il rapporto di lavoro di questi prestatori d’opera.
D’altronde lo stesso progresso tecnologico sarà più fluido se
non proporrà forme di abuso del lavoro”. Lo scrive Maurizio
Sacconi, presidente della Commissione lavoro del Senato, nel
blog dell’Associazione amici di Marco Biagi
(www.amicimarcobiagi.com). presidente della Commissione lavoro del Senato, nel blog dell’Associazione amici di Marco Biagi

Sulla vicenda intanto il ministero del Lavoro ha deciso di avviare degli accertamenti, mentre contro Foodora prende
posizione la start up Vicker, piattaforma riconosciuta dal Ministero del Lavoro che mette in contatto diretto chi cerca e chi offre una prestazione d’opera. “Il modello di business dell’azienda tedesca è più che discutibile. Non vogliamo che a causa delle polemiche che stanno travolgendo Foodora a rimetterci sia tutto l’ecosistema della digital economy”, afferma il ceo Matteo Cracco. “Non c’è nulla di più lontano tra il modello di business di Foodora e la filosofia che sottende alla sharing economy: la start up tedesca ha sbagliato e i lavoratori incrociano le braccia a ragione”. Il ceo di Vicker, ci va giù duro e rifugge da giri di parole per intervenire nella polemica di queste ore scatenata dalle ultime decisioni dei manager di Foodora. La protesta potrebbe ora allargarsi e coinvolgere anche i
rider di Milano: una delegazione torinese ha partecipato a un’assemblea nel capoluogo lombardo, in un centro sociale, in via Conchetta 18, in cui si è cercato di creare le basi per iniziative comuni. I rider di Torino hanno raggiunto prima la sede della società, ma l’hanno trovata chiusa. In campo ci sono altre iniziative: ci sarà un volantinaggio nei ristoranti torinesi per spiegare le ragioni della protesta e domenica un presidio dalle 16 alle 20 in piazza Castello. I lavoratori chiedono anche l’azienda sia convocata all’Ispettorato del Lavoro.

“Se Foodora sbaglia e finisce sul banco degli imputati è giusto che paghi”, attacca ancora Cracco, “anche perché sarebbe un’aberrazione se a pagare per gli sbagli di uno fosse tutta la digital economy che il lavoro lo crea per davvero e rispettando i lavoratori e le normative. Per questo ci sentiamo in dovere di intervenire: ci abbiamo messo anima e corpo per creare un sistema come Vicker perfettamente legale e che gode della fiducia non solo degli utenti che si avvalgono della piattaforma per richiedere servizi ma soprattutto dei lavoratori che attraverso la piattaforma trovano occasioni di lavoro pulito, trasparente, retribuito! Non vogliamo che a causa delle polemiche che stanno travolgendo Foodora a rimetterci sia tutto l’ecosistema della digital economy”. “I nostri lavoratori”, interviene l’altro fondatore della piattaforma Luca Menti, “sono tutti assicurati e discutono con il committente il costo della loro prestazione, che in ogni caso non può mai scendere sotto la soglia dei 20 euro proprio per evitare speculazioni al ribasso; viene loro fornita tutta la documentazione fiscale necessaria per la dichiarazione dei redditi e mantengono anche con noi un filo diretto sia in termini di assistenza che di feedback. Spiace per i lavoratori di Foodora, che giustamente si battono per due concetti fondamentali: rispetto e legalità, che sono la nostra stella polare”.

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