Dighe dallo Stato alle Regioni: Comunità montane vigilano

Dighe e i grandi impianti idroelettrici diventeranno proprietà delle Regioni quando scadranno le concessioni rilasciate negli ultimi cento anni dallo Stato italiano.

La Camera dei Deputati ha finalmente approvato l’articolo 11-quater del DL Semplificazione che, modificando il decreto legislativo 79 del 16 marzo 1999, introduce la nuova norma che prevede alla scadenza delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche e nei casi di decadenza o rinuncia, tutte le opere di raccolta, di regolazione e di derivazione, principali e accessorie, i canali adduttori dell’acqua, le condotte forzate e i canali di scarico passino, senza compenso, in proprietà delle Regioni, in stato di regolare funzionamento.

Si tratta di un cambiamento molto complesso, che impegnerà le Regioni italiane a legiferare in materia entro un anno. Dovranno stabilire come mettere a gara le concessioni, ma anche come vengono acquisite a patrimonio delle Regioni queste opere. Un percorso non semplice nel quale si dovranno evitare rischi di ricorsi, contrasti tra concessionario uscente e nuovo operatore, nonché contenziosi legali che rischierebbero di bloccare la macchina per anni. Il tema acqua è già in Italia e in Europa tra i più caldi, sia per quanto riguarda la produzione energetica da dighe, invasi, impianti piccoli o grandi su acqua fluente, sia per la gestione dell’idropotabile. Il faro deve rimanere la libera concorrenza con regole chiare, evitando anche le “colonizzazioni” degli impianti italiani, distribuiti sul Alpi e Appennini, da parte di colossi dell’energia (e non solo) multinazionali, che potrebbe avvenire vista la necessità di complesse gare europee per la riassegnazione delle concessioni. Sul tema, saranno necessari approfondimenti volti anche a individuare quale sarà il ruolo dei Comuni.

Oggi, oltre ai canoni che i concessionari versano annualmente alle Regioni, sono previsti i “sovracanoni” destinati ai Comuni, secondo quanto scritto nella legge 959 del 1953. Il nuovo articolo 11-quater del DL obbliga le Regioni a destinare il 60% dei canoni incassati alle Province, non citando però il ruolo dei Comuni ove hanno sede impianti ovvero attraversati da condotte e toccati da altre opere. Saranno le Regioni, secondo il nuovo dispositivo, a fissare il canone, che Uncem si augura possa essere compatibile con lo “storico” sovracanone destinato agli Enti locali e non sostitutivo. Per i piccoli Comuni, i sovracanoni oggi sono un entrata fondamentale, una posta decisiva nel bilancio, ben superiore a quanto trasferito in forma ordinaria dallo Stato.

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