Cuochi d’Italia contro il cambiamento climatico con Menù for Change

Che c’entrano i cuochi italiani con il riscaldamento globale? Si fanno ambasciatori di Menù for Change, la campagna lanciata dalla Chiocciola Slow Food in tutto il mondo per creare consapevolezza sulle conseguenze del riscaldamento climatico e suggerire soluzioni proprio a partire dal cibo.

Consapevoli del determinante ruolo educativo che gli spetta, tantissimi chef hanno già messo in calendario cene, degustazioni ed eventi fino a Natale per far capire che attraverso il cibo ognuno di noi può, ad esempio, favorire le economie locali, quelle più colpite dallo sconquasso climatico ma anche quelle più capaci di fronteggiare gli effetti del global warming. Ecco qualche esempio di quello che succede in Italia, mentre qui è disponibile l’elenco completo degli eventi organizzati per Menù for Change.

Slow Food Livorno ha preparato un menù amico del clima per valorizzare il patto tra ristoratori e produttori locali: “Volevamo esserci anche noi, dare il nostro contributo per questa campagna la cui eco deve risuonare in tutto il mondo. A Livorno abbiamo vissuto sulla nostra pelle quali siano le conseguenze di precipitazioni eccezionali che in realtà stanno diventando la norma. La pioggia torrenziale che ha messo in ginocchio la nostra cittadina e tutto il circondario tra il 9 e il 10 settembre ci deve far riflettere, non solo su come possiamo ridurre le nostre emissioni, ma anche su come fronteggiare un cambiamento che è già in atto. Dobbiamo imparare a custodire la terra e il nostro ambiente, consapevoli del fatto che stiamo andando incontro a un clima diverso, a precipitazioni che cambiano. E Slow Food Livorno sarà sempre in prima linea”, ci ha raccontato Valentina Gucciardo, responsabile educazione della Condotta locale.

A Torino abbiamo organizzato una cena per pensare al futuro dei nostri mari, stressati dalla pesca eccessiva, dall’innalzamento delle temperature e dall’acidificazione delle acque. Ai fornelli ci sarà Silvio Greco, biologo marino, presidente del comitato scientifico di Slow Fish, docente di sostenibilità ambientale all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ma soprattutto buongustaio e cuoco appassionato: “Una grande occasione per gustare pesci, crostacei e molluschi dei nostri mari e nello stesso tempo dare un piccolo contributo a una campagna importante. Ma soprattutto un momento di consapevolezza per capire che quello in cui viviamo è l’unico pianeta a disposizione”. La cena sarà guidata da Roberto Burdese, presidente onorario di Slow Food Italia, che racconterà il lavoro di Slow Food in Italia e nel mondo e come possiamo contribuire a rallentare il cambiamento climatico.

Ma cosa è in ballo quando si parla di riscaldamento globale?

Monocolture, suoli impoveriti da eccessivi trattamenti chimici e zootecnia intensiva poco fanno per contrastare, o almeno affrontare, l’aumento globale delle temperature. Il metodo di produzione alimentare dominante è tra le maggiori cause del cambiamento climatico con un quinto delle emissioni totali di gas serra prodotte. Arare in profondità i terreni, ad esempio, accelera il rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera. L’applicazione di fertilizzanti a base di azoto può generare emissioni di protossido d’azoto, un gas con un potenziale di riscaldamento globale circa 300 volte più elevato rispetto all’anidride carbonica. Secondo la Fao, nel 2012, l’uso di fertilizzanti sintetici ha determinato il 14% delle emissioni agricole. Si tratta della fonte di emissioni nel settore agricolo a più rapida crescita: dal 2001 è aumentata del 45% circa. Negli ultimi 150 anni, 476 miliardi di tonnellate di carbonio siano state emesse dai suoli agricoli a causa di pratiche agricole inadeguate, a fronte dei 270 miliardi di tonnellate emessi con la combustione di carburanti fossili (Documento di posizione sul suolo, Slow Food). L’agricoltura e l’allevamento infatti subiscono oltre l’80% dei danni e delle perdite causate dalla siccità (Fao 2017), un dato che evidenzia come il settore primario sia una delle vittime principali, tanto che secondo la Fao «lo sviluppo agricolo e rurale deve essere parte integrante delle soluzioni alle sfide climatiche». Ed è proprio questo il lavoro che Slow Food porta avanti in 160 paesi grazie a una fitta rete di sostenitori e volontari.

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