Consumi: ci vorrebbe un EXPO all’anno

Se non fosse stato per gli acquisti fatti dai turisti provenienti da paesi extra UE, planati in Italia sulla scia di EXPO Milano 2015, lo scorso anno per il retail del comparto moda, abbigliamento, accessori ma anche cibo, gastronomia e alberghiero, sarebbe stato un anno parzialmente negativo. Nel 2015 s è assistito a una crescita gli acquisti con carta di credito nel fashion retail (+3,7%), dice Fashion & High Street Report 2015 interessante studio realizzato da Federazione Moda Italia-Confcommercio con World Capital Group, in collaborazione con Osservatorio Acquisti CartaSi e Global Blue.

Si tratta di un particolare intreccio di dati forniti da operatori diversi ma dipendenti allo stesso tempo dall’andamento dei consumi: da World Capital Group osservatore del mercato delle compravendite e locazioni nelle grandi città alla Federazione Moda Italia che con Confcommercio analizza i dati sulle vendite nel retail, fino all’Osservatorio Acquisti CartaSì e Global Blue capaci di analizzare i consumi attraverso il valore dello scontrino media.  Per quanto riguarda i fatturati, il settore moda ha registrato nel 2015 una discreta effervescenza rispetto al 2014, grazie anche ai turisti che hanno scelto l’Italia come meta preferita del proprio shopping, attratti certamente dall’EXPO. In particolare, il comparto fashion (abbigliamento, calzature, pelletteria ed accessori) copre il 73% dell’interesse di acquisto tax free dei turisti stranieri extra UE. In aumento gli acquisti dei cinesi (+56%), che rappresentano un terzo del totale delle vendite, quasi il triplo delle spese dei russi in caduta libera (-41% rispetto al 2014). Milano si conferma la meta preferita per lo shopping tax free (34% sul totale delle vendite in Italia a stranieri extra UE), registrando nel 2015 un incremento del 17%, al secondo posto Roma (18% sul totale delle vendite) con un aumento più modesto (10%) rispetto a Firenze e Venezia che registrano entrambe incrementi del 27% rispetto al 2014.

SONO SPARITI I CINESI

Gli effetti benefici di EXPO nei rimi mesi di quest’anno sono svaniti facendo ripiombare gli acquisti dei turisti cinesi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno a un complessivo – 15%. Milano sembra aver arginato quest’emorragia con un calo più contenuto del 6%. Va peggio a Firenze (-17%), Roma (-25%) e Venezia (-31%). Nel corso del 2015 sono stati positivi i dati sugli acquisti effettuati dagli italiani con le sole carte di credito (+3,7%), con situazioni territoriali quasi tutte in crescita tranne che in Sardegna (-8,5%), Basilicata e Calabria (-0,3%). Particolarmente interessanti i dati di Trentino Alto Adige (che conferma il trend positivo con un +7,9%), Veneto (+5,6%) e Lombardia (+5,1%). Positività confermata dall’Osservatorio Acquisti CartaSi anche dagli acquisti con carta di credito nei primi mesi del 2016 (gennaio: +0,9%; febbraio: +4,7%; marzo: -0,9% e aprile: +6,7%). In leggero calo, ancora, i dati sui fatturati raccolti da Federazione Moda Italia sui negozi multibrand.

E L’IMMOBILIARE?

Per le locazioni immobiliari WCG ha registrato positivi segnali di ripresa nelle città turisticamente più importanti, come a Milano in Via della Spiga, high street di prestigio, che si aggiudica il terzo posto della classifica nazionale con un canone massimo di locazione pari a 6.500 €/mq/anno, superando così Via del Corso a Roma con 6.000 €/mq/anno, dice lo studio. Dando uno sguardo ai canoni di locazione delle location prime, rispetto allo stesso periodo dell’anno 2015, World Capital Group registra nella città di Venezia una variazione evidentemente positiva, dove in alcuni casi raggiunge il +35%, In particolare, nella via di Calle Vallaresso da una media di 1.470 a 1.980 €/mq/anno e nella Via Frezzeria da una media di 1.650 a 2.250 €/mq/anno, stimolata dall’intervento di alcune riqualificazioni urbane e dalla crescente domanda di brand internazionali. Milano e Roma, capitali e fulcri delle più autorevoli e internazionali griffes di moda, continuano a rappresentare le mete più ricercate e di appeal nel retail high-street, con canoni che attestano un trend del +17%, rispetto all’anno precedente, a Milano in Via Montenapoleone, da una media di 5.750 a 6.700 €/mq/anno, e un +25% a Roma in Via Borgognona da una media di 2.000 a 2.500 €/mq/anno e in Via Frattina da una media di 1.400 a 1.750 €/mq/anno. Anche le città di Bologna e Genova beneficiano del periodo favorevole del mercato, specialmente Via del Archiginnasio a Bologna, che mostra un incremento del 13% rispetto allo stesso periodo nel 2015, da una media di 470 a 530 €/mq/anno. Genova, registra un incremento massimo del 12% in Via Luccoli, da una media di 610 a 690 €/mq/anno.

“L’immobiliare retail high-street, nel Nord e nel Centro Italia, sta affrontando egregiamente il periodo post crisi, mentre il Sud fatica ancora a seguire l’andamento, questo specialmente per le città come Catania e Bari”, dice Neda Aghabegloo, responsabile ricerca di World Capital. “Le High Street italiane si riconfermano mete favorevoli per gli investimenti e sviluppano evidenti incrementi anche nei brevi periodi. Medesima è la situazione negli ultimi sei mesi, dove si rileva una crescita accentuata a Roma in Piazza di Spagna (14%), a Firenze in Via Calzaiuoli (7%) e a Milano in Via della Spiga (6%)”.

LA SPESA MEDIA DEI TURISTI STRANIERI

Le difficoltà del mercato interno sono state in parte supportate dalla potenzialità dello shopping degli stranieri che, secondo i dati sul tax free di Global Blue per Federazione Moda Italia, nel 2015 ha registrato un incremento delle vendite del 16% per i prodotti di moda, abbigliamento, calzature, pelletteria ed accessori). Lo shopping straniero, in Italia, parla prevalentemente cinese (33% sul totale) e russo (12%) e provengono tutti dal Sud-Est asiatico i top spender per spesa media: Hong Kong (1.191 euro), Thailandia (1.151 euro), Singapore (901 euro). Lo shopping dei russi ha subito nel 2015 un importante stop, causato principalmente dalla crisi con l’Ucraina e dal deprezzamento del rublo, che ha fatto crollare del 41% gli acquisti rispetto al 2014. Un calo compensato, tuttavia, dall’incremento del 56% degli acquisti dei turisti cinesi.

ANDAMENTO DEL SETTORE MODA

Dal monitoraggio di Federazione Moda Italia sull’andamento delle vendite nel 2015 nel settore moda, emerge una sostanziale stabilità dei fatturati rispetto al 2014 (-0,06%). Dato che vede una possibile convergenza con quanto rilevato dall’Osservatorio Acquisti CartaSi per Federazione Moda Italia che riscontra un piccolo incremento del 3,7% delle spese effettuate dagli italiani con carte di credito nei negozi di abbigliamento, calzature, pelletteria, accessori, tessile per la casa ed articoli sportivi, pari ad una spesa di oltre 10,5 miliardi di euro. Oltre agli accessori moda che hanno avuto un incremento del 5,7% rispetto al dato già positivo del 2014, si vede un segno più anche per l’abbigliamento (+4,3%) e per gli articoli sportivi (+0,4%). In calo le calzature (-2,8%) e la pellicceria (-18%). Pelletteria e valigeria registrano valori positivi, ma per effetto di variabili esogene non sono confrontabili. Quanto alle Regioni, le performance migliori interessano il Trentino (+7,9%), Veneto (+5,6%), Lombardia (5,1%), Friuli Venezia Giulia (+4,9%), Sicilia (+4,7%), Liguria (+4,4%), Marche (4,1%), Piemonte e Valle d’Aosta (+3,4%), Umbria (+3,4%), Toscana (2,7%), Lazio (2,4%), Emilia Romagna (2,4%), Campania (2,3%), Abruzzo e Molise (+1%), Puglia (+1%). Basilicata e Calabria registrano invece un dato leggermente negativo (-0,3%), mentre in forte in difficoltà è la Sardegna con un calo dell’8,5%.

MENO TASSE PER FAMIGLIE E IMPRESE

“Il 2015 si è chiuso con una sostanziale stabilità di fatturati, ma in quattro anni il solo retail della moda ha visto chiudere in Italia circa 30mila negozi a fronte di 15mila che hanno aperto, di cui peraltro, la stragrande maggioranza a conduzione straniera”, dice Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia–Confcommercio. “Questo dato, insieme all’analisi del nostro Fashion & High Street Report, ci consegna un quadro che si sbaglierebbe, però, a considerare un problema solo del commercio, quando in realtà riguarda l’intera collettività. In questi primi mesi abbiamo assistito a qualche seppur timido segnale positivo, ma sono ancora tante le imprese in sofferenza. Urge una strutturale riduzione delle tasse a famiglie e imprese, la conferma dell’eliminazione delle clausole di salvaguardia e un intervento di sostanza sulla riduzione della spesa pubblica. Solo così, e con una contestuale apertura dei rubinetti del credito, sarà possibile parlare di rilancio di consumi e di boccate d’ossigeno alla nostra imprenditoria tutta rigorosamente “made in italy””.

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